domenica 30 gennaio 2011

Trattasi di un meno 30%

Raccolta di garofani (anni Trenta)

La Riviera dei Fiori è tale grazie alla Floricoltura, che da oltre cent'anni è diventata l'economia agricola principale dell'estremo ponente ligure. "I fiori di Sanremo"... una dicitura molto diffusa e molto famosa, almeno fino a quando il commercio mondiale di fiori era per l'80% proveniente da tale zona.

Mercato dei fiori di Via Garibaldi a Sanremo
(anni Sessanta-Settanta)

Quella percentuale non è che un ricordo: oggi Sanremo partecipa alla commercializzazione floricola con un misero 3% di produzione rispetto alla produzione mondiale... Trattasi del declino di un'economia che, per quanto criticata per l'impatto sul paesaggio, ha comunque permesso agli abitanti del posto e a molti immigrati un insediamento ed una garanzia di sopravvivenza.

Idem come sopra

Il Mercato dei Fiori di Sanremo, di cui parlai qui, era un mondo molto vivo. I produttori raggiungevano con il loro prodotto la struttura sita in Via Garibaldi ed erano migliaia: si alzavano al mattino molto presto e alle 4 erano già sul plateatico per offrire la loro merce ai commercianti.
Solo a pensarci mi vengono i brividi: quale realtà si è eclissata nel giro di pochi decenni...

Idem come sopra

Ma il titolo del post rimanda ad una ulteriore constatazione: l'anno floricolo, che coincide casualmente con l'anno scolastico, ci sta dando pessime indicazioni, scardinando quell'illusorio principio contadino che ripone nella speranza dell'annata successiva il miglioramento degli andamenti dell'annata precedente. Già lo scorso anno i conti ci dicono che mediamente stiamo incassando il 30% in meno delle annate medie degli ultimi 10 anni, il che la dice lunga sulla paura e la demoralizzazione, percentuale che, peraltro, pare sia allineata ai cali registrati dalle aziende in molti altri settori. Le quantità ci sono, la cura delle produzioni pure, ma sono i prezzi che mancano, quei prezzi che ci garantivano la sopravvivenza.
Come molte altre categorie, siamo inguaiati anche noi.

Le fotografie appartengono all'archivio dell'ex Istituto Sperimentale per la Floricoltura di Sanremo, ora CRA-FSO.


giovedì 27 gennaio 2011

Gli Italiani non cambiano mai

Gioachino Belli


Mentre ch'er ber paese se sprofonna

tra frane, teremoti, innondazzioni

mentre che so' finiti li mijioni

pe turà un deficì de la Madonna


Mentre scole e musei cadeno a pezzi

e l'atenei nun c'hanno più quadrini

pe' la ricerca, e i cervelli ppiù fini

vanno in artre nazzioni a cercà i mezzi


Mentre li fessi pagheno le tasse

e se rubba e se imbrojia a tutto spiano

e le pensioni so' sempre ppiù basse


Una luce s'è accesa nella notte.

Dormi tranquillo popolo itajiano

A noi ce sarveranno le mignotte


Giuseppe Gioachino Belli (Roma, 1791 – Roma, 1863)


"Prelavata" da Facebook


mercoledì 26 gennaio 2011

La massima di oggi


Genista monosperma

Terribile o no, difficile o no,
quello che c'è di buono, di nobile,
di religioso, di mistico,
è essere felici.

Arnaud Desjardins

Danielle & Olivier Follmi, Offerte - 365 Pensieri di maestri buddisti, L'ippocampo, 2003


lunedì 24 gennaio 2011

Tatè Nsongan

Tatè Nsongan
(copertina del cd)

Sono tanti anni che Tatè Nsongan viene in vacanza a Vallebona. Vive a Torino ed è originario del Camerun, dove suonava già da bambino imparando dai suoi fratelli maggiori; dedica la sua vita interamente alla musica, girando parecchio per il mondo e collaborando con nomi di tutto rispetto, come Myriam Makeba, Nassara, i Mau Mau, Ivano Fossati, i Manu Chau, gli Inti Illimani.
La sua è una lunga carriera che non ha mai ostentato, anzi, mi ha sempre colpito la sua umiltà e il suo essere serio e taciturno.
Grazie al disco che quest'estate ci ha regalato, ho avuto modo di "scoprirlo": le sue musiche sono dolci, morbide, avvolgenti, raccontano di migranti in viaggio, ma più che altro ci trasmettono quel senso di Africa che ci riconnette con la nostra primordialità, rasserenandoci.
Si è esibito a Isolabona, nell'ambito della rassegna Festival delle Harpae: c'eri Alberto?
Tatènsongantrio: non ci si stanca di ascoltarlo, ve lo consiglio...




mercoledì 19 gennaio 2011

Intanto

Bordighera - Capo Ampelio

Intanto in questi giorni le incazzature non mancano. Intanto in Italia continuano a saltare amministrazioni comunali perché colluse con la mafia. Intanto il livello di basso impero in cui è scivolato il nostro Paese è forse senza precedenti. Intanto sabato scorso c'e stato il Laboratorio Internazionale sul Paesaggio. E a tutti quei signori che ci rubano dei soldi e ci devastano la vita e l'ambiente, dedico questa splendida foto di Sant'Ampelio per dimostrare loro che cos'era la Liguria libera dal loro operato.

La foto è stata presa dalla bacheca di Alberto Moreno su Facebook.


Desiderata


...e se riuscirà a svicolarsi anche questa, per molti il desiderio del suo destino non cambia.


martedì 18 gennaio 2011

Gran finale


Bella, da auspicarsi.
Rubata qui.


lunedì 17 gennaio 2011

Dicevano i latini...

... "excusatio non petita, accusatio manifesta".
(Giustificarsi senza che nessuno lo richieda,
è manifestare, ammettere la propria colpa).

Ciò che sta accadendo in queste ore in televisione ad opera del premier, che imbonisce quei quattro coglioni che ancora gli vanno dietro, è la prova più eclatante della sua perversione.
Non potendolo definire un pedofilo, viene spontaneo attribuirgli l'appellativo di porco, così come è ben consapevole di certe figure chi proviene da una civiltà contadina, essendone questo uno degli aspetti più beceri.
Chi ha messo al mondo figlie femmine, il più alto desiderio che può aver nutrito nei loro confronti era quello di non saperle vittima di una violenza sessuale o di un abuso in età infantile o durante l'adolescenza da parte di persone attempate. Di tutto ciò oggigiorno ne abbiamo costantemente esempio nella figura di chi ci rappresenta di fronte al mondo, grazie ai suoi miserabili soldi e al degrado etico e morale in cui ha condotto la nazione da oltre vent'anni a questa parte.
E adesso in tv si giustifica. Siamo all'apice dello schifo.

La frase in latino non sarà corretta, ma l'importante è che renda l'idea.


domenica 16 gennaio 2011

Andando per sentieri

Camìn

Rimanendo in tema di "paesaggio" non occorrono molte parole per descrivere questo sentiero, camìn in vernacolo, che racchiude in sé bellezza, poesia, calma, profumi, silenzio, pace e nessuna emozione negativa.

Astregu

U camìn confluisce in questo sentiero lastricato, astregu, che è una via più maestra, più ampia, ma depositaria come la precedente delle stesse sensazioni.

Rumenta

Peccato che tanta poesia conduca a questa spianata di rumenta, esatto specchio dei tempi moderni.
L'autore delle foto le ha raccolte in un album intitolato "Le due civiltà" e questo distinguo va senz'altro appoggiato ed evidenziato, affinché si imprima nella mente umana l'importanza della differenza.
La domanda è: siamo ancora in tempo per salvare il salvabile?

Foto di Arturo Viale


sabato 15 gennaio 2011

Avrei voluto dire

Dalla finestra lo sguardo si posava sul nido
e sulla tortora tra i rami

Ci sono stata tutto il giorno, oggi, a San Biagio della Cima, al Laboratorio Internazionale sul Paesaggio. C'eravamo davvero in tanti, tra cui parecchi cari amici e persone con cui ci si incontra spesso tramite il blog o fb. Ed il tempo, tutto sommato, è volato: dieci ore, più che meno. Hanno relazionato quasi esclusivamente dei professori, affrontando l'argomento del paesaggio sotto parecchi punti di vista, quasi tutti molto interessanti.
Mi ero preparata un piccolo intervento, ma il tempo a mia disposizione era scaduto e così sono andata via. Avrei voluto dire che nel paesaggio lo sguardo ricerca il bello. Forse un tempo la 'manipolazione' del territorio per garantirsi la sopravvivenza e per la produzione permetteva di ottenere simultaneamente bellezza ed utilità. L'intervento dell'uomo era agricolo e urbanistico: nel primo caso costruiva muri a secco per terrazzare il territorio, nel secondo caso ha dato vita ai paesi e a piccole abitazioni nelle campagne che rispondevano a bisogni di primissima necessità e che erano in simbiosi con l'ambiente.
Questa armonia è finita con l'avvento della 'macchina' e con la sottomissione dell'uomo al principio del massimo profitto. Ciò che un tempo trovava naturalmente ragion d'essere, iniziò ad essere tralasciato, perché 'non c'era convenienza' ed eliminare la fatica fu un ulteriore motivo per condurre l'uomo all'abbandono o alla trascuratezza del proprio territorio. Da quel momento si iniziò a sfruttarlo e non più ad usarlo.
Eppure 'murare a secco', cioè costruire i muri in pietra, è una dimensione straordinaria. L'essere umano, a compiere questo lavoro, sta incredibilmente bene, vive una profonda armonia con la natura, crea, costruisce, produce, generando il bello e l'utile. Se non ci si libera del principio utilitaristico è difficile riportare le persone a questa pratica, perché si è perso il senso dell'armonia a scapito del profitto. E se poi si volesse rivedere veramente l'armonia, sarebbe anche opportuno proibire l'uso del cemento nei muri in pietra: la loro vera natura e funzione è proprio quella di essere 'a secco', per lasciar respirare la terra e drenare l'acqua.
Per i danni compiuti in questi ultimi cinquant'anni non ci sono rimedi. Si può solo intervenire sul futuro. Mi chiedo anche come mai le amministrazioni non siano ancora state capaci di stabilire quale pietra e quale lavorazione possono essere adottate per rivestire nuove abitazioni, onde evitare quella libera scelta che ha dato vita a degli obbrobri che dovrebbero svolgere funzioni puramente estetiche.
Il discorso è ampio. Più interventi hanno chiamato in causa le persone che vivono ancora insediate nel territorio ed io mi sentivo una di loro. Avrei voluto dire anche altre cose, ma è mancato il tempo: quel tempo che ormai manca ogni giorno per avere cura e passione per il paesaggio.


giovedì 13 gennaio 2011

La vera Liguria

Ulivo e muro a secco (foto Marlor)

L'ultimo articolo, in "Il Secolo XIX", 18 ottobre 2001
di Francesco Biamonti

"La Liguria, la vera Liguria, quella che va dai cento ai mille metri sul mare, resiste ancora, o almeno si può ancora immaginare come era. Basta superare con la mente alcune orrende costruzioni, ci si può ancora imbattere in lampi improvvisi d'ulivi aggrappati alle rocce come farfalle dalle ali polverose. Sorgono, questi lampi, da terrazze strette con muri a secco, e si perdono contro il cielo di un azzurro che corrode i crinali.
I fondovalle e le rive marine sono da dimenticare.
Non ci sono più gli orti, i fichi, gli agrumeti, gli oleandri, le tamerici; dappertutto stabilimenti di cartone, serre avvelenate, baracche, lamiere, costruzioni senza stile ma, in compenso, enormi e alla rinfusa. E poi perché? Per niente. Ormai ci si accorge che, chi lavora contro l'ambiente, alla fine perde. Ci sono stati sindaci che miravano solo ad ingrandire il numero delle case e degli abitanti. Non avevano nessun metro, nessun senso del mondo. (...) Di un paese di mille anime e di poche casette hanno fatto un coacervo di palazzi da prigione senza verde.
Ora è tempo di dire basta, di salvare il salvabile. Certo i cementieri sono forti, e in più alleati in tutti i modi con i costruttori e collegati con i politici. E' tempo di dire basta: sembra che stia sorgendo una speranza di rinascita nell'olivicoltura, una scoperta o una riscoperta dell'olio di oliva nel mondo.
Speriamo che la civiltà dell'ulivo torni. Tutto il mediterraneo ne ha bisogno. In Provenza si sono mossi. Anche da noi in questi ultimissimi tempi qualcosa serpeggia. La gente delle terrazze comincia a crederci. Si vede di nuovo qualche ulivo potato a regola d'arte, a quel modo che sembra che preghi, con le fronde che scendono e implorano nella brezza.
'Apprendi l'arte e mettila da parte'. Di gente anche giovane che sa potare gli ulivi, abbacchiare e dissodare senza rompere le radici ce n'è ancora. Se i tempi che dico tornano, non avranno bisogno, questi giovani, di viaggiare per le Cine, le Cube e le Afriche immaginarie. (...) Perché i Liguri hanno sempre avuto la religione delle opere. Erano cosmopoliti, andavano a lavorare in Francia, ma poi si costruivano il loro rifugio, il loro piccolo regno, il solo regno che non fosse opera di brigantaggio. E così hanno scavato e terrazzato e ulivato da zero fino a ottocento metri sul livello del mare. L'ulivo l'avevano portato i Fenici e avevano insegnato a innestarlo sull'olivastro e sul leccio.
Si sa, la sera è bella dappertutto, ma qui diventa indicibile, una lenta, lentissima replica all'aurora, forse perché il cielo sull'aspra cadenza e morfologia delle colline si mantiene a lungo chiaro, mentre scendono le ombre delle montagne e un'altra massa d'ombre sale dal mare e si compone in blu genziana già solcato dai dirupi e dall'ombra dei valloni. Una luce arcaica erra tra gli ulivi, entra nei paesi, nei resti dei paesi che sembrano ancora intatti".


Francesco Biamonti, Scritti e parlati, Einaudi, Torino 2008, p. 153-154

E domani ci ritroviamo in tanti al Laboratorio Internazionale sul Paesaggio a San Biagio della Cima.


Un abbraccio


Considero l'abbraccio una dei modi migliori per manifestare affetto: lo si può usare con tutti, sia con chi si ha più confidenza e intimità, sia con gli amici, sia con le persone con le quali si è più distaccati, ma è sufficiente una piccola complicità o condivisione ed è fatta.
Ci si abbraccia tra esseri umani, con le piante, con gli animali.
Ci si può abbracciare anche virtualmente. Ed infatti motivo di questo post è quello di mandare un forte abbraccio a tutti coloro che mi leggono, che il più delle volte non commentano ma so benissimo che ci sono, che mi esternano gratitudine e compiacenza quando occasionalmente mi incontrano di persona.
Il contatore in alto a destra mi dice ogni giorno che siete in tanti ed è bello pensare di scrivere su di un blog sapendo che poi arrivate.
Vi abbraccio tutti, meritatamente.

Ricky, Andrea G., Pier Paolo Z., Alberto, Marlor, le tre Cinzia, Simona B., Marcello, Daniela, Skip, Filo, Stefano A., Andrea C., Silvia, Gino, Angelino, Nemo Nemo, Arturo, Raggio, Simona F., Gturs, Fausto, Garabondo, Ilona, Michelino, Giuli, Simona S., Manola, Valeria, Chica, Lulù, Emmanuel, Elvio, Devon, Milva, Violetta, Lara, Goran, Tamara, Nina, Tani, Palmero, Gian Paolo, Roberto Borri, Maira, Sandra M.
... e tutti quelli che mancano nell'elenco...


mercoledì 12 gennaio 2011

Ad hoc

Piedi del XIV Dalai Lama
e le sue mitiche infradito in ogni stagione

"Il progresso materiale da solo non basta a costituire una società ideale. Infatti, persino in paesi in cui è stato raggiunto un avanzato progresso esteriore, i problemi mentali sono aumentati. Nessuna legislazione o coercizione è in grado di far conseguire il benessere della società, perchè esso dipende dall'atteggiamento interiore della persona. Pertanto, lo sviluppo della mente, in armonia con lo sviluppo materiale, è molto importante."


lunedì 10 gennaio 2011

Dipendenza dal web?

Monaci buddisti

Comunque sia, questa foto mi ha rincuorato!


domenica 9 gennaio 2011

Generazioni al mare


L'Associazione culturale A Cria di Vallebona è giunta alla XIII edizione del calendario a sfondo storico-locale, il cui tema di quest'anno è Generassiui a marina, ovvero Generazioni al mare. Questa serie di calendari ha la particolarità di essere realizzata grazie alla collaborazione della popolazione: ogni anno si propone un tema, la gente ci fornisce la foto relative e con questo sistema si va piano piano realizzando una sorta di album fotografico della "famiglia-Vallebona".

Marì de 'Namarì cun due amighe
(primi anni Trenta)

Generassiui a marina ha lo scopo di mettere in evidenza l'evoluzione dei costumi, delle persone e delle spiagge frequentate dalla comunità vallebonese nel tempo. Purtroppo (e per fortuna) il materiale fotografico pervenuto era talmente tanto che la scelta è stata quella di fermarsi agli anni Settanta, per insufficienza di spazio.

Gianni l'avucatu e Gisella

L'idea di dedicare un calendario alla frequentazione del mare è nata dal ricordo delle sabbiature: i bambini beneficiavano dell'opportunità di andare al mare perchè gli anziani andavano a fare le sabbiature, unica terapia, peraltro gratuita, alla loro artrosi. La ricerca di una foto sul tema è stata ardua e improduttiva, tranne questa simulazione di due bambini che ha comunque permesso di ricostruirne la storia!

Giampiero e Pia al meglio di sé!

La spiaggia dei Valebunenchi era ai Piani di Borghetto, per noi ai Ciai, un tratto di litorale che un tempo era proprietà del nostro Comune, permutato poi con un pezzo di Montenero col comune di Bordighera. Ne avevamo perso la proprietà, ma per noi ha continuato ad essere la nostra spiaggia e le varie generazioni raffigurate sul calendario vi si sono avvicendate.

Franca de Ermelinda

Nella pagina Belesse au bagnu sono raffigurate alcune giovani donne delle varie epoche: è proprio vero che da giovani si è tutti belli... La signora Franca è stata fotografata sul muretto della terrazza del Kursaal, la cui identificazione è confermata dalla posizione della rotanda sul lungomare e dalla stazione ferroviaria di Bordighera. Nella stessa pagina è curioso notare come alcune persone più emancipate adottassero già il bikini negli anni Quaranta, contravvenendo una morale che allora era decisamente ferrea.

La piramide umana

Ricordo molto bene quando i ragazzi in spiaggia facevano la piramide, residuo ginnico dell'era fascista, così come erano soliti tuffarsi dai vari "piani" della loro costruzione.
Il calendario, a fondo di ogni pagina, è corredato di una decina di righe in cui si racconta l'esperienza balneare dei Valebunenchi nelle varie epoche, scaturita dalla testimonianza di alcune persone del paese oltre che dal mio personale ricordo.

Gioventù ventenne negli anni Sessanta

Il mare è sempre stato sinonimo di aggregazione, soprattutto per i bambini e per i giovani. I protagonisti di questa foto sono oggi ultrasessantenni e la particolarità che vi ho colto sta proprio nei costumi delle ragazze: quello al centro è il più moderno, quello bianco a sinistra una via di mezzo e quello a destra un pò demodé, il che creava un certo disagio a colei che lo indossava, ovvero mia sorella...

Adriana (1931) e Sofia (1929) negli anni Quaranta

Le due sorelle Adriana e Sofia erano decisamente all'avanguardia: con i loro due pezzi sfondavano il muro della rigorosa morale di quei tempi e la loro disinvoltura nei movimenti e negli atteggiamenti anticipava il mondo più libero che sarebbe arrivato in seguito. Spettacolare il fatto che fossero sorelle e meritatamente hanno trovato collocazione nella pagina intitolata Amighe.

Ines con i suoi bambini: Rosalba, Dino e Graziella
(primi anni Sessanta)

Alla pagina Grandi e pecìn spiccano soprattutto mamme con i loro bambini: ogni mese riporta almeno 6 fotografie, per cui l'album-calendario quest'anno è particolarmente ricco. In questa foto si nota come la zona retrostante alla spiaggia sia ancora inviolata dalle colate di cemento che a partire proprio da quell'epoca vi si sono riversate. Canneti, qualche pergolato per la produzione floricola e sullo sfondo, solitario e ben visibile, il nostro amato Monte Caggio, protettore della nostra vallata dai freddi e dalle correnti .

Sharm el Sheik: il mare ai giorni nostri...

Pur arrivando sostanzialmente fino agli anni Settanta, il calendario si conclude con questa fotografia: alcune signore, di cui la terza, Palmira, è una Valebunenca, optano per una vacanza nelle spiagge da sogno offerte dalla modernità. Squali e tsunami a parte, è sicuramente una bella esperienza anche la vacanza oltre confine, ma questo mar Mediterraneo, nello specifico il Mar Ligure, per noi Valebunenchi che ce lo godiamo in tutte le stagioni, è e rimarrà una delle presenze più preziose del nostro vivere.


venerdì 7 gennaio 2011

La Befana a Vallebona

Ragazzi all'opera: costruiscono la Befana 2011

E' ormai diventata tradizione un'idea nata per caso alla fine degli anni Sessanta: costruire una Befana e portarla al rogo nel Fògu du Bambìn, che per tutto il periodo delle feste natalizie arde sulla piazza del paese.

Sandra acconcia e agghinda la befana

Come allora, la vigilia del 6 gennaio un gruppo di ragazzi provvede a "costruire" la befana attribuendole un significato, il più delle volte correlato ad un argomento di attualità: quest'anno han pensato bene di mandare al rogo la Gelmini e la sua riforma della scuola.

Lavoro collettivo!

E' decisamente un'opera a più mani che, oltre a curare tutto l'aspetto esteriore affinché sia più verosimile al soggetto in questione, si adoperano anche e soprattutto per riempirla, in ogni possibile parte interna, di massicce quantità di petardi...

La Befana di Vallebona del 2011

Ed eccola arrivare trionfante sulla pubblica piazza, tra urla, schiamazzi e scoppiettio di botti e petardi... Nonostante la pioggerellina e l'assenza della fedele bandina musicale di Perinaldo, lo spirito era tuttavia quello di rendere dignitoso omaggio alla tradizione.

La bellezza de U Fògu du Bambìn di Vallebona

Bisogna comunque aspettare la mezzanotte per compiere il rito del rogo: la Befana viene portata in giro per le vie del paese tra canti e botti, mentre buona parte della gente se ne sta ad aspettare accanto al fuoco conversando a piacimento con le persone che talvolta, durante l'inverno, si incontrano solo in quella circostanza.

La Pompeiana Band a sorpresa!

Al sopraggiungere dell'ora fatale ecco arrivare alcuni amici di Pompeiana con gli strumenti a ravvivare una serata in cui l'assenza della musica è davvero un peccato: una sorpresa graditissima! E così anche quest'anno non ci siamo fatti mancare nulla...

E' suonata la mezzanotte...

Tra urla, schiamazzi, botti ed un pò di generale eccitazione, ecco che per la Befana si compie il suo destino: il rogo purificherà simbolicamente quanto di malefico essa può avere compiuto ed i petardi ne rafforzeranno il significato.

Ragazzi, scappate via di corsa!

Ed ora inizia il rito vero e proprio: nel giro di pochi minuti il fantoccio sarà completamente incendiato, elargendo luce e calore e liberando dal maleficio.


Piano piano aumenta...


...fino a raggiungere il massimo della sua espressione...


...per poi calare.
C'è sempre parecchia gente a veder bruciare la Befana: la maggior parte sfolla appena ha finito di ardere, ma molti irriducibili continuano la veglia fino alle ore piccole, sapendo che serate all'aperto e al caldo non ne passeranno più fino all'arrivo della bella stagione.
D'altronde luce e calore rimarranno sempre gli elementi cui ambisce l'essere umano.

Grazie ad Andrea Crosetti, Pietro, Damiano, Moreno, Andrea Pastor, Sandra Milani, er Pantera, Gabriele, Mimmo, Matteo, Omar, Samuele e tutti gli altri che sostengono e tramandano questa splendida tradizione.
Le foto sono di Valeria Martini.



giovedì 6 gennaio 2011

Se ogni giorno su La Stampa

Vallebona - Il Castel Gabbiani

L'altro ieri, al caffè del mattino nel bar del paese, sfogliando La Stampa, alla pagina dedicata alla cultura, ho letto la poesia L'infinito del Leopardi: così, appena alzata, sorbire il mio caffettino e un tale capolavoro della letteratura, è stata una sensazione meravigliosa.
Mi sono detta: se ogni giorno, su La Stampa, oltre a Gramellini e La Jena pubblicassero anche una poesia, per amor della sintesi ce ne sarebbe abbastanza per iniziare bene la giornata...

L'infinito

Sempre caro mi fu questo ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte lo sguardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.

G. Leopardi (1798 - 1837)

Per approfondire clicca qui


martedì 4 gennaio 2011

Elogio al maestro

Pianta di fico

Ogni anno, immancabilmente, passo per il lungo Nervia, lato Camporosso mare, per godermi lo spettacolo della potatura che riceve questa pianta di fico. (Cliccare sulle foto per ingrandirle: merita...)


E' uno spettacolo più unico che raro, visto che i bravi giardinieri di un tempo dalle nostre parti pare siano spariti. Di giardinieri ce ne sono molti, ma di bravi giardinieri nemmeno l'ombra. Potrebbe sembrare un'affermazione un pò presuntuosa, ma trova facile riscontro se solo si osservano le potature delle piante lungo i viali cittadini di Ventimiglia con quelle praticate nella vicina Francia.


Ma il fico, il fico del camping sul lungo Nervia è un'opera d'arte, il cui autore merita senza indugio un elogio. Già quando lo si intravede in lontananza appaga lo sguardo, per non parlare poi di quante cose suscita quando lo si osserva da vicino.


I tagli sono tutti perfetti, sia sullo scotto maestro, sia su quelli laterali di asportazione di rami superflui. E proprio questi ultimi, quando si rimarginano, richiudono talmente bene la pelle della pianta dalla ferita che è come se in quel punto non fosse mai stato praticato nessun taglio: incredibile connubio di armonia tra l'uomo e la pianta! Ingrandendo le foto, infatti, si può notare come la corteccia assomigli alla pelle di un elefante...


Ho tentato di riprodurlo nella sua interezza, ma l'ostacolo della rete di recinzione e della siepe di edera hanno limitato il risultato: in realtà ho alzato le braccia e scattato "al buio" la foto che tuttavia riesce a dare un'idea di quel capolavoro della natura e dell'intervento dell'uomo.
Mi è rimasto solo un dubbio: ma quel fico, ne farà di frutti? Dalle mie parti nessuno li pota e ogni anno sono carichi di fichi. Sarà il caso che questo autunno vada a controllare...