lunedì 29 agosto 2011

Acqua che canti

Laghetto a Rocchetta Nervina (Im)
foto di Davide Guglielmi detto "Base"

Acqua che sali e poi discendi
alternamente...
Acqua di monte,
acqua di fonte,
acqua piovana,
acqua sovrana,
acqua che odo,
acqua che lodo,
acqua che squilli,
acqua che brilli,
acqua che canti e piangi,
acqua che ridi e muggi,
tu sei la vita e sempre
e sempre fuggi.

Gabriele D'Annunzio (1863 - 1938)


sabato 27 agosto 2011

Pubblicità involontaria

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Alla definizione "formidabile testimonial pubblicitario" va aggiunto l'aggettivo "disinteressato". Lo scrittore Giovanni Ruffini, nativo di Taggia, descrisse amorevolmente e con sincerità la sua terra e ciò divenne strumento di persuasione per gli Inglesi al fine di scegliere come luogo di vacanza la Riviera ligure. Ambientato nel periodo del Risorgimento italiano , il romanzo narra la storia di un medico che soccorre una giovane inglese e se ne innamora, ma Antonio è anche un appartenente ai moti carbonari e deve abbandonare la ragazza per partecipare ai moti anti-austriaci. L'amore e gli ideali ebbero la peggio, ma la "pubblicità" rese ai luoghi fama e frequentazioni. Nel 1937 il romanzo divenne film grazie alla regia di Enrico Guazzoni.
Se si pensa alla contaminazione e sofisticazione della pubblicità odierna, sarebbe davvero nobile utilizzare lo strumento della Letteratura.


venerdì 26 agosto 2011

Le stagioni della vita - Infanzia


"La fucina del fabbro era tutta nera di fumo, con una grande bocca accesa, lingueggiante di fiamme rosse e azzurre. Nel centro era l'incudine percossa, a intermittenza, da gran colpi di maglio che illuminavano l'aria, tant'erano felici di suonare e di narrare intorno che lì si lavorava. Nei giorni in cui c'era da temperare il ferro tutta la campagna circostante sapeva il gran da fare del fabbro; il metallo, morso dal fuoco e battuto dal martello, strideva tra una gloria di scintille.


L'altra officina invece era tutta bianca e odorosa di legno fresco. Al grido spiegato del maglio rispondeva con il fitto e discreto picchiettare del martello, col canto dentato della sega, col mormorio sommesso della pialla. E tanto il fabbro era tarchiato e fuligginoso, altrettanto il falegname era sottile, esile e bianco, come una tavola piallata.
Da quelle due officine uscivano i buoni strumenti della vita: i vomeri per aprire la terra, le falci per mietere il frumento, le tavole per sedersi e mangiare, i cassetti per la biancheria stirata, le seggiole per far riposare i vecchi, con la pipa in bocca, sulla soglia di casa; e anche le casse per distendervi i morti. Di tanto in tanto si vedeva comparire uno di questi mobili, fuori dalla porta del falegname; e la gente, che conosceva vita e morte del paese , le guardava e diceva: « È la cassa per il tale... »
Deposta lì, tranquillamente al sole, non faceva alcun senso e suggeriva solo un requiem aeternam per quel tale cui era servito, per l'utima volta, il lavoro degli altri uomini per poter andare decorosamente a dormire.

A guardarsi attorno, dal falegname al fabbro, al mugnaio che dava al paese la farina, al contadino che dava il grano e l'insalata, al muratore che faceva le case, c'era tutta un'aristocrazia del lavoro e della vita, blasonata da visi bronzei e da muscoli robusti, da mani dei poveri, larghe e callose, piene di sangue e di nervi duri, per preparare gli strumenti della vita.
Solo le mani del parroco erano bianche, perché doveva toccare il Signore. Non che il curato fosse meno operoso del fabbro o del mugnaio, ma il suo lavoro di insegnare, di comporre dissensi, di visitare malati e di offrire il sacrificio a Dio, non gliele incalliva, ma pareva gliele rendesse sempre più diafane ed esangui."

Adriana Zarri, Un eremo non è un guscio di lumaca, Einaudi - Frontiere 2011, prefazione di Rossana Rossanda.
Il brano è tratto dalla seconda parte del libro, intitolata Le stagioni della vita - Infanzia
By Gian Paolo Lanteri


mercoledì 24 agosto 2011

Ecco il punto


L'India

"No. Il mondo fuori non ha risolto i suoi problemi attraverso la politica. Io dapprima ci credevo tanto nella conoscenza, fino a che non mi sono reso conto che la trasformazione esterna della società non fa niente per la trasformazione psichica dell'individuo. Niente. Rivoluzioni, guerre, ammazzamenti, massacri, e poi è tutto come prima. La violenza, la paura, la disperazione, la miseria non si risolvono. E il mondo interiore non avanza. Per niente. L'ho detto già mille volte: pensa al progresso che l'uomo ha fatto nei millenni a partire dalla clava usando la conoscenza! Ma lui è diventato migliore? No.
Allora, l'ultima mia grande delusione è l'India. Io vado in India a cercare la soluzione, esterna in verità, perché l'India ha questo grande capitale di ahimsa - la non violenza, Gandhi, i rishi - e da bravo giornalista mi occupo della politica per scoprire che è peggio di quella degli altri.
Un paese con una forza morale come l'India, Dio bono, che aveva un capitale incredibile nel '49! Tu non ti puoi immaginare cos'era l'immagine dell'India, di Gandhi, "quel vecchio fachiro vestito di stracci" che col suo bastone saliva le scale del potere britannico di Londra. Insomma era una figura! Ne parlavano anche i rotocalchi dai parrucchieri. Appena muore - paff! tutto viene rovesciato. Vogliono lo sviluppo, i treni, le fabbriche, le acciaierie. E poi la bomba atomica, la bomba atomica, l'India! L'India che aveva la bomba atomica morale."

Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio, Longanesi & C. - Milano, pag. 414 - 415


sabato 20 agosto 2011

Il verde


Per Mondrian era un colore insopportabile, mentre nel verde brillante della flora secondo me c'è la pace assoluta. Quando l'uomo riesce a interagire con la Natura creando armonia e perfezione ci si chiede come lo stesso uomo possa aver devastato buona parte del pianeta. Sarà un caso, ma nei paesi dove il verde ha le caratteristiche di cui sopra la sensibilità della gente nei confronti della Natura è di gran lunga superiore che negli altri territori, quasi ci fosse un richiamo insito al rispetto della bellezza.
E di pace e bellezza ne abbiamo bisogno a tonnellate.


giovedì 18 agosto 2011

Tutta colpa della Luna


Fino a pochi giorni fa l'estate non ha fatto la sua vera e propria comparsa. Il fatto è che Ferragosto è già passato e ritrovarsi "all'inizio" della bella stagione dopo quella data la dice lunga sulle delusioni e i malumori di coloro il cui tempo da dedicare alle vacanze è ormai finito.
Non è colpa di nessuno, neanche delle stranezze della meteorologia. L'unica rea è la Luna.
Come ben si sa la data della Pasqua è determinata dal primo plenilunio che consegue l'equinozio di primavera e quest'anno ha coinciso col 24 aprile, uno dei termini estremi in cui può "cadere" tale ricorrenza.
Molto più semplicemente il contadino sintetizza tale ritardo dicendo "siamo indietro di una Luna": quella di luglio, ad esempio, è iniziata il 30 dello stesso mese. Insomma, l'estate è appena cominciata: siamo nel pieno della luna di luglio pur essendo a due terzi del mese di agosto e soltanto alla fine del mese in corso scatterà la luna di agosto, regalandoci molto probabilmente un favoloso settembre da spiaggia.
Per i residenti delle località balneari il danno è minimo, per gli operatori economici i conti non torneranno di sicuro e per tutti i vacanzieri non resta che aspettare il prossimo anno o intraprendere qualche viaggio ai tropici magari a Natale, naturalmente crisi permettendo.


martedì 16 agosto 2011

Guardare in alto

Bandierine tibetane

Se si è sereni è un piacere portare avanti il proprio blog, ma talvolta la vita ci espone a tiri mancini che ci destabilizzano non poco. Allora tutto diventa difficile e si ha l'impressione che dalle righe possa trasparire quel malessere e contagiare i propri lettori... O forse no.
Tuttavia non è nella mia natura mascherare gli stati d'animo ed allora ammetto con una certa fatica di aver passato una delle peggiori estate della mia vita, ovvero quella che mi ha portato via la mia migliore amica, dopo averla assistita quanto ho potuto ed averla vista soffrire non poco.
I giorni passano, alcuni sereni, altri dolorosi. Elaborare un lutto è una condizione che esula dall'ordinario e ci catapulta nelle zone d'ombra del nostro essere, ma soprattutto ci mette sempre e comunque di fronte al tema più indigesto dell'esistenza, ovvero la morte.
Ed allora mi sforzo di guardare in alto. Forse tra la terra e il cielo si ha proprio bisogno di quelle bandierine colorate e sventolanti che riportano preghiere e mantra e ci permettono di trovare un pò di pace.
D'altronde i vecchi dicevano: "Le preghiere possono anche non servire a nulla, tuttavia è certo che non fanno danno. "


venerdì 12 agosto 2011

L'uomo e il mare


Sempre il mare, uomo libero, amerai!
Perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
nell'infinito svolgersi dell'onda l'anima tua,
e un abisso è il tuo spirito non meno amaro.

Godi nel tuffarti in seno alla tua immagine;
l'abbracci con gli occhi e con le braccia,
e a volte il cuore si distrae dal tuo suono
al suon di questo selvaggio ed indomabile lamento.

Discreti e tenebrosi ambedue siete: uomo,
nessuno ha mai sondato il fondo dei tuoi abissi;
nessuno ha conosciuto, mare, le tue più intime ricchezze,
tanto gelosi siete d'ogni vostro segreto.

Ma da secoli infiniti senza rimorso né pietà
lottate fra voi, talmente grande è il vostro amore
per la strage e la morte,
o lottatori eterni, o implacabili fratelli!

Charles Baudelaire (Parigi 1821 - 1867)


mercoledì 10 agosto 2011

Porco mondo


"Continuo a guardare la foto di quel teppista che si aggira fra le fiamme di Londra in tuta e scarpette firmate. E’ una povera vittima, un relitto disperato della nostra società opulenta, come vorrebbe certa sociologia? Mah. I poveracci sono un’altra cosa: i bambini del Corno d’Africa con gli occhi sbiancati dalla fame, quelli sono vittime e infatti non indossano scarpe griffate. E’ allora soltanto un delinquente «puro e semplice», come sostiene il primo ministro inglese? Anche questa interpretazione è fin troppo comoda. Sembra formulata a uso e consumo dei benpensanti: per non turbarli, per non svegliarli.

Quando i teppisti diventano un esercito e mettono a ferro e fuoco una metropoli occidentale, significa che è successo qualcosa che non si può più combattere solo aumentando il numero dei poliziotti e delle celle. E’ il segnale di un mondo, il nostro, che si sgretola. Un mondo senza politica, senza cultura, senza solidarietà. Il teppista griffato non si rivolta per ottenere un impiego, del cibo o dei diritti civili. Reclama soltanto l’accesso agli status-symbol della pubblicità acquistabili attraverso il denaro. Dal giorno infausto in cui il capitalismo dei finanzieri ha soppiantato il capitalismo dei produttori, il denaro si è infatti sganciato dal merito, dal lavoro e dall’uomo, trasformandosi in un valore a sé. L’unico. Quel ragazzo è il prodotto di questa bella scuola di vita. Mettiamolo pure in galera. Ma poi affrettiamoci a ricostruire la scuola."

Massimo Gramellini - La Stampa 10/08/2011


domenica 7 agosto 2011

Anche la COOP ci ciùla



"Questa è la mia lettera alla Unicoop di Firenze la scorsa settimana, meditate.
Mi chiamo Simone Gori, abito a Pontassieve, ieri mi sono recato al punto vendita di Pontassieve per effettuare la spesa settimanale. Al reparto ortofrutta ho iniziato a scegliere ed ho trovato le pere dell'Argentina, le mele del Cile (o viceversa non ricordo), che evito assolutamente di acquistare, finalmente trovo le mele golden italiane e ne acquisto. Mi sposto sempre per il reparto e trovo ancora frutta di provenienza Spagna, evito anche questa, poi prendo le albicocche, le peso, mi viene il dubbio, torno indietro e leggo Francia. A questo punto mi sono cadute le braccia, ho lasciato li tutto e sono andato via. Reputo una cosa inammissibile che una cooperativa fondata dai nostri nonni con radici e cultura completamente diverse da quelle che voi state attuando adesso. L'italia è un paese pieno di frutta e ortaggi, compresa la Toscana dove l'agricoltore dura fatica a proporre il suo raccolto perché Voi avete monopolizzato tutto per un semplice business. La cooperativa che gestite era nata con uno spirito e uno scopo completamente diverso. Scusate per lo sfogo ma non compro e comprerò mai frutta o verdura che fa migliaia di km consumando petrolio (e ambiente, ndr) solo per un maggior guadagno vostro. E quando fate tutte le pubblicità per la sostenibilità della Coop, mettetevi una mano sopra la coscienza, sempre che ce ne sia rimasta."

Simone Gori - Pontassieve


mercoledì 3 agosto 2011

Per A.


Castelvittorio - Im

Lasciare il tempo fuori
con il suo scorrere troppo veloce,
lasciare il tempo dentro
dilatarsi in una successione
scandita da cieli di luce
e nubi sulle montagne,
da veli di grigio
sulle digradanti colline.
Entrare nella piccola
casa silenziosa,
uscire nell'aperto spettacolo
che è tutt'intorno.
La pioggia, il sole, il sereno,
gli alberi, le rondini,
le tortore.
Ecco il ritmo dello stare qui,
naturale, antico,
difficile da trovare
ma che ti si rivela
se lo sai cogliere
nella grande semplicità.

Germana Rossi (1950)


martedì 2 agosto 2011

Lo scricciolo


Lo scricciolo - U rececé


Lo scricciolo comune è un uccello passeriforme della famiglia Troglodytidae, comune in Europa, Asia, Nord Africa e Nord America. E' molto piccolo, di forma tonda e lungo appena 10 cm.

Il piumaggio sul dorso, sulle ali e sulla coda è di colore castano; le ali e i fianchi sono anche barrati. L'addome è più chiaro, presenta anch'esso dei piccoli tratti neri. Ha un lungo sopracciglio chiaro e la coda, corta e appuntita, è sempre tenuta ben sollevata. Il becco è piuttosto lungo e sottile, le zampe sono lunghe e robuste e si muove in maniera molto agile, dinamica, scattante.

Lo Scricciolo è un uccello stanziale e vive prevalentemente in località umide e abbondanti di cespugli. La stagione degli amori inizia a fine aprile e lo scricciolo nidifica in prevalenza nei cespugli, nelle cavità arboree o nel terreno.

Ha canto squillante ed armonioso che consiste in un trillo acuto e potente, molto prolungato.

Nel folklore europeo, lo scricciolo è considerato essere il “re degli uccelli”. La favola, presumibilmente celtica, vuole che molto tempo fa gli uccelli stessero facendo una gara per vedere chi sapeva volare più in alto. Il vincitore sarebbe stato il re degli uccelli. Lo scricciolo partì per primo, ma ben presto si stancò e l'aquila lo raggiunse. Lo scricciolo, molto furbescamente, si appoggiò sul dorso dell'aquila e si fece trasportare ancora più in alto. A quel punto scattò verso il cielo e vinse.

Spesso il termine scricciolo è usato come vezzeggiativo nei confronti di un bimbo piccolo che suscita tenerezza.