sabato 30 aprile 2016

Mario Genari, partigiano Fernandel

Medaglia d'oro a Mario Genari, partigiano Fernandel

Il 25 aprile, in Prefettura ad Imperia, sono state assegnate 63 medaglie d'oro a coloro che si sono distinti durante la Resistenza. Anche Mario Genari, partigiano Fernandel, è stato insignito di questo importante riconoscimento, ma dall'agosto scorso egli non è più tra noi e i figli Antonietta e Giorgio hanno ritirato l'onorificenza.

Antonietta Genari ritira la medaglia d'oro della Liberazione 

Per ricordarlo, riporto alcuni passi tratti dal libro Le radici di un percorso. Associazionismo e cooperativismo in provincia di Imperia in cui raccolsi la sua memoria: 

"Il 1942 fu un anno decisivo e di forte svolta: in Africa e nella campagna di Russia erano solo bastonate; la mancanza di prodotti alimentari e di beni di prima necessità, come vestiti, scarpe, gomme per le biciclette, prodotti indispensabili per l’agricoltura si accentuavano, al punto che i contadini mettevano le monete di rame nell’acido muriatico, aggiungevano calce e ottenevano la poltiglia bordolese utilizzata come verderame da poter dare alle viti. La crisi alimentare colpiva particolarmente le zone urbane, per cui l’esasperazione della gente cresceva in modo esponenziale: si sentiva gridare, protestare anche se c’era la dittatura. Lo spettro della fame e l’assenza degli uomini nelle famiglie (i nativi dal 1910 al 1920 erano tutti reclutati) diventarono elementi sufficienti affinché le coscienze diventassero consapevoli dello stato delle cose".


 Mario Genari ed un amico partigiano a Montegrande

"La popolazione nutriva una forte avversione per la guerra. Quando qualcuno era reclutato, gli amici gli consigliavano di non esporsi, di fare il possibile per salvarsi dall’andare in guerra. Questi consigli erano la regola che comunemente seguiva la gente dell’entroterra, anche coloro che simpatizzavano per il fascismo. Era un sentimento che già aleggiava nel 1940, benché l’ipotesi di perdere non ci fosse, dato che l’esercito tedesco aveva fatto capitolare la Francia, invaso i Paesi dell’Europa dell’Est e stava puntando su Mosca e Stalingrado: mezza Europa era sotto il dominio nazista. La ricerca di raccomandazioni per evitare di andare a combattere era largamente diffusa: chi conosceva graduati non esitava a chiedere di essere riformato, così come la richiesta di certificati medici che evidenziavano difetti fisici era uti
lizzata allo stesso scopo. Anche tra i caporioni fascisti era diffuso il tentativo di evitare la guerra, imboscandosi negli uffici o nei ruoli più svariati".


 "Alcune popolazioni contadine dimostrarono una grande collaborazione con i partigiani, altri paesi meno. Tra i componenti delle formazioni partigiane e i vari comandi vi erano persone motivate da ideali politico-sociali; altri che fecero le prime esperienze di un movimento collettivo, finalizzato a porre fine alla guerra, ed altri ancora che ne approfittarono per sfuggire al reclutamento. C’era l’organizzazione militare e c’era pure un volontariato locale che dava un contributo di informazioni e di difesa. Tuttavia la collaborazione del mondo rurale fu fondamentale: ad esempio, quando un partigiano doveva spostarsi da un luogo all’altro e non sapeva se avrebbe potuto incontrare i tedeschi, qualsiasi cittadino incontrato sulla propria strada rilasciava sempre informazioni a favore del partigiano. Quel mutuo rispetto fu qualcosa che portò frutti anche dopo la guerra, quando la necessità di organizzarsi vide accrescere la credibilità delle associazioni di sinistra". 


E riporto anche la mia riflessione che scrissi alla fine del suo racconto riguardante il capitolo dedicato alla Resistenza: 

"Da questa pagina di storia, voluta dalla gente e non dal potere, sono state educate intere generazioni all’antifasciamo. Era naturale ricevere quel messaggio, era scontato difendersi da quei principi, anzi si cresceva pensando che era un capitolo chiuso, che «nessuno poteva più pensare o agire in quel modo». Il fascismo era stato annientato, la lotta partigiana aveva liberato l’Italia dal male e le divergenze politiche riguardavano solo le sinistre e la Democrazia Cristiana… Quanto abbiamo fatto male i conti! Nell’arco di cinquant’anni si sono avvicendate le ideologie tra nascite, rinascite e dissoluzioni in una complessità che soltanto il senno di poi ci permetterà di capirne i perché con maggior chiarezza. Una cosa tuttavia mi appare chiara nell’immediato: terreno fertile al rinascere del fascismo è la caduta dei valori, dell’etica, che si crea per un insieme di meccanismi socio-politico-economici e che espropria l’uomo sia di credo che di forze, perchè rinascono le destre quando l’uomo è annichilito.
Ed io, nata alla fine degli anni Cinquanta, ho un pensiero di tutto rispetto per coloro che hanno combattuto in prima persona per quella causa e mi sento anche responsabile di non aver saputo difendere il loro operato. Mi perdonino e sappiano che ne ho consapevolezza".

Mario Genari, compagno, partigiano, cooperatore, sindacalista, padre, amico, sempre dalla parte dei deboli, sempre umile e lucidissimo. 
Una medaglia d'oro meritatissima.


lunedì 25 aprile 2016

25 aprile 2016 - Il fiore del partigiano


Come ogni anno ho partecipato alla Festa della Liberazione al mio paese. Quest'anno ho letto quanto sotto riportato: trattasi di un comunicato ANPI, su cui merita riflettere per l'importanza e il valore dei contenuti. Da alcuni anni il 25 aprile è stato, a mio avviso, un po' troppo "istituzionalizzato": per me era e rimane "festa di popolo e del popolo". 

Il 25 aprile cade quest'anno in un complesso di vicende europee che riporta l'orologio della storia in un tempo dove la civiltà e le pratiche democratiche erano pesantemente oscurate. Una profonda crisi economica da cui si riesce con difficoltà a vedere una via d'uscita, il proliferare di movimenti di chiara marca neonazista e neofascista che arrivano fin dentro i governi, e il panorama drammatico di decine di migliaia di immigrati in fuga da guerre e disperazione che ricevono come risposta dalla politica e dalle istituzioni quasi esclusivamente muri e abbandono, devono far riflettere tutti sull'inquietante e gravissima china che sta prendendo il vivere civile. Non è questa la società che sognavano i combattenti per la libertà. Non è questo il futuro cui aspiravano, deprivato di coscienza, senso di responsabilità, solidarietà.

Mai come oggi la pace, bene prezioso conquistato dalla Resistenza italiana ed europea è in serio pericolo. La guerra è – di per sé – il contrario dei diritti umani, perché ogni guerra, necessariamente, li calpesta e non di rado li annulla. Ma i diritti umani sono il fondamento della nostra convivenza, messa seriamente in discussione dallo stragismo jihadista che ha provocato centinaia di vittime innocenti a Parigi e a Bruxelles. Dalle guerre e dalla fame stanno fuggendo centinaia di migliaia di esseri umani che cercano accoglienza e rifugio nel nostro continente. Ma l'Europa, nella quale si sta pericolosamente ripresentando il virus del nazionalismo e della xenofobia, sembra soltanto capace di erigere muri, reticolati e barriere di filo spinato.

È urgente ripristinare quella sensibilità civile, quell'attenzione ai più deboli, cardini di un mondo giusto e vivibile per tutti. Siamo di fronte nel nostro Paese, travagliato da una gravissima crisi economica, ad una pesantissima caduta dell'etica pubblica, al manifestarsi quasi quotidiano di fenomeni di corruzione. La conseguenza inevitabile di questa deriva è costituita dalla perdita di fiducia e dal diffondersi di un acuto disinteresse da parte dei cittadini nei confronti delle istituzioni e della politica.

Il distacco dei cittadini dalla cosa pubblica va superato con una forte e profonda rigenerazione della politica che, richiamandosi ai valori della Resistenza, riconduca gli amministratori pubblici al dovere costituzionale di servire la collettività e il bene comune. Al lavoro, valore fondante della Repubblica, deve essere restituito il suo ruolo e la sua dignità, eliminando il contrasto stridente tra i principi costituzionali e la durissima realtà del nostro Paese. I giovani, in particolare, avvertono drammaticamente il disagio di non poter accedere al mondo delle professioni, di dare dunque degno e fattivo sviluppo alle proprie capacità e seguito ai sacrifici messi in campo per studiare e ottenere competenze. È indispensabile ribadire ancora una volta che i valori a cui ispirarsi sono solo e sempre quelli costituzionali, di una democrazia fondata sulla rappresentanza, la partecipazione, sulla divisione e l'equilibrio dei poteri, sul rispetto della persona umana, delle istituzioni, delle regole da parte di tutti.

Auspichiamo un 25 aprile di piena e robusta memoria.

Una Festa che rimetta al centro dei ragionamenti e dei comportamenti politici e sociali preziosi e decisivi “comandamenti”: antifascismo, Resistenza e Costituzione. Una Festa che ricordi con forza i 70 anni della Repubblica e del voto alle donne, i primi importantissimi passi della rinascita democratica del Paese.

Auspichiamo iniziative larghe, che coinvolgano tante italiane e italiani, Comuni, partiti, sindacati, associazioni. Una giornata come una stagione di impegno e profonda, viva Liberazione.
Una giornata che dal giorno successivo inneschi un cammino collettivo, sguardi e azioni solidali e responsabili. Un mondo migliore si costruisce insieme.

W la Resistenza, w i partigiani, w la libertà


martedì 19 aprile 2016

Aprile


Primavera in mezzo agli orti. Dietro le nubi cambia paese
il desiderio, esse vanno e io sto, l'aria
promette ora pioggia ora incredibile tersezza,
io sto qui seduto lungo una fila di violacciocche.
Da spalancate finestre acciottolii nelle cucine,
voci calme di donne di varie età,
immortali musiche cercate sui tasti
da principianti nelle luminose facciate qui attorno,
l'aria è ferma qui, il vento è fra le nuvole,
aprile dolce dormire. Tutto
è lontano e vicino, anche la fresca
poesia, mentre la rimpiangevo è qui nata
all'odore di terra immollata. L'anima
apprende un desiderio che si contenta di se stesso,
tanto male e tanto buio sono un ricordo tra altri,
tutte le voglie viaggiano irreali eppur possibili,
aprile dolce dormire. Questo bambù
s'è seccato l'inverno scorso, goccia una cannella,
le finestre al sole si rifanno dell'invernata.
Aprile tutt'i sogni son lontani e vicini.



Riccardo Bacchelli (Bologna, 19 aprile 1891 - Monza, 8 ottobre 1985)