venerdì 6 luglio 2012

Non dimentichiamo la violenza sulle donne


"Il terzo degli otto obiettivi del Millennio, proclamati dall’ONU e che dovrebbero essere raggiunti entro il 2015, riguarda l’eguaglianza di genere e l’empowerment delle donne. Allo stato attuale delle cose, a me sembra una meta piuttosto difficile da raggiungere. Sarebbe già bello se la violenza sulle donne fosse più efficacemente combattuta dai 191 Capi di Stato e di Governo che hanno firmato questi obiettivi all’ONU. Già, perché il fenomeno della violenza di genere è tutt’altro che in recessione. I nomi, le età, le città cambiano, le storie invece si ripetono e il fenomeno diventa sempre più endemico. Non riesco a togliermi dagli occhi le immagini delle molte migliaia di donne congolesi vittime, da dieci anni, dei più brutali stupri di massa con bastoni e baionette, nell’indifferenza di tutto il mondo. Questo, purtroppo, è solo uno degli esempi.
In Italia, dall’inizio del 2012 all’8 giugno, sono state uccise 63 donne. Nel 2011, ne sono state assassinate 128. Dobbiamo prendere coscienza che questo tipo di omicidio non è il gesto isolato di uno squilibrato, come lo si rappresenta quasi tutte le volte nei media, non è l’espressione di un raptus improvviso ma, come ha affermato Rashida Manjoo, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, anche in Italia assume il carattere del «femminicidio» che in buona parte viene consumato in famiglia da parte di uomini senza alcun tipo di disagio mentale. Infatti, più del 75% delle violenze in Italia è commesso dal marito, dal convivente, dal fidanzato, dall’ex, da un parente o da un vicino di casa, cioè dalle persone da cui ci si dovrebbe aspettare affetto e sicurezza.
Nonostante aumentino le denunce e i provvedimenti, il trend degli omicidi appare in continua ascesa, mentre, simmetricamente, sembra diminuire l’attenzione verso il fenomeno, come se un processo di assuefazione si insediasse anche in chi storicamente era molto coinvolto nella lotta alla violenza. Ma è proprio questo il rischio perché, oltre al fatto che sembra non esistano strumenti efficaci di difesa per le donne, se si insinua anche la rassegnazione si finisce col concorrere a determinare una situazione veramente tragica. Allentare la guardia significa quindi diventarne in qualche modo corresponsabili e le Chiese dovrebbero sentirne tutta la responsabilità per non far morire nell’indifferenza tante donne.
Il nostro compito di chiese e di donne nelle chiese deve essere quello di informare e tenere sveglie le coscienze affinché si denunci il femminicidio, dovunque esso sia perpetrato. Noi, donne e uomini di fede, non possiamo abbassare la guardia su questo sconvolgente crimine".

Dora Bognandi, Notiziario delle Donne Evangeliche in Italia, n. 49, luglio 2012, pagina tre.


5 commenti:

  1. Il dato è impressionante e, ancor più, il fatto che: "più del 75% delle violenze in Italia è commesso dal marito, dal convivente, dal fidanzato, dall’ex, da un parente o da un vicino di casa, cioè dalle persone da cui ci si dovrebbe aspettare affetto e sicurezza".

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  2. L'assassinio di Maria Anastasi a Trapani è aberrante e mi chiedo chi mai troverà le parole giuste per quei ragazzi di tredici, quindici e sedici anni che hanno perso la madre in maniera cosi efferata e ,per fortuna,un padre, a dir poco, cosi' bestiale. Chi sapeva e ha taciuto si porterà sulla coscienza quella donna, incinta al nono mese .

    Ormai non si può più parlare di fatti eccezionali, ma di un fenomeno sociale sempre più frequente che evidenzia inesistenza di valori.

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  3. Ogni giorno che passa aggiunge, purtroppo, un triste tassello a questa storia infinita di soprusi sulle donne. Solidarizzo, pertanto, con ogni iniziativa solidale sul tema, senza dimenticare che estirpare quella che credo sia un'atavica bestialità comporta un lungo, tormentato cammino.

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  4. Per chi fosse interessato, può essere utile leggere l'intervista a Lidia Ravera, apparsa su "Il Mattino" del 3 luglio u.s. all'http://www.zeroviolenzadonne.it/index.php?option=com_content&view=article&id=20267:intervista-a-lidia-ravera-quomini-deboli-alle-donne-non-danno-il-diritto-di-amareq-il-mattino

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