domenica 6 novembre 2011

Blu cobalto del lampescù

Campanile vecchio e nuovo di Vallebona

Per stemperare il grigio e il grigiore di questi giorni di allerta 2 in Liguria, pubblico questa foto scattata una ventina di giorni fa. Quando il giorno è alle spalle e la sera non ancora del tutto distesa, ecco che la luce assume una tonalità intermedia: in questo caso un blu cobalto decisamente particolare. Questo momento della giornata, in dialetto si chiama lampescù, alla lettera chiaroscuro, in italiano crepuscolo. E' un momento bello, che ha dato metaforicamente vita ad una corrente letteraria cui appartenevano coloro che non avevano emozioni particolari da cantare, se non una vaga malinconia, un senso di spegnimento in cui predominavano i toni tenui e smorzati. Ne furono protagonisti Corrado Govoni, Marino Moretti, Aldo Palazzeschi solo per citarne alcuni.
E' insito nell'animo umano il senso della malinconia, ma anche le risorse per alleviarlo: infatti il crepuscolo, in ogni stagione, coincide con l'ora dell'aperitivo!


10 commenti:

Alberto ha detto...

lampescù? Ho fatto mente locale ma non credo che esista un corrispettivo nel mio dialetto.

filo ha detto...

A Ventimiglia il crepuscolo è chiamato "lampecan". Io purtroppo sto dimenticando i termini dialettali e questo sinceramente non l'ho mai usato.

pia ha detto...

@filo: ecco, sapevo che da qualche parte usano un termine simile, ma non ricordavo nè il luogo, nè il termine. Ora mi hai risolto l'arcano. Grazie Filo!

Fausto ha detto...

Anche a Soldano si dice lampescü

antonella ha detto...

credo che ad apricale si dica "en te brùn" Purtroppo mi manca la dieresi per rendere la pronuncia.

Fausto ha detto...

@antonella
La u con la dieresi si fa scrivendo "&uuml ;" (senza spazio tra &uuml e ;), trovi tutti i codici QUI

Adriano Maini ha detto...

La Torre dalla quale i tuoi antenati respinsero l'assalto delle orde turchesche, no?

pia ha detto...

Maini Anche, ma non solo...

cinema&libri ha detto...

""... Era lampescuro, l' ora in cui l' uliveto, sulle terrazze che si spegnevano, si sollevava fra le stelle e cambiava di fulgore : da vitale e familiare a cosmico ed estraneo. Era l' impressione di ogni sera, ma accentuata e senza rimedio, questa bellezza lontana e marmorea. ... "" ( Francesco Biamonti, L' angelo di Avrigue )

pia ha detto...

cinema&libri Grazie nemonemo per questa citazione, ha nobilitato il post!