venerdì 29 ottobre 2010

Noia, malinconia, vibrazioni liriche

Mar Ligure
(foto di Arturo Viale)


"La noia è un blocco dell'atto, un vuoto tra due progetti, ma passa, perchè lo spazio si riempie da solo. La coscienza umana non può restare vuota, si popola di versi di poeti, visi di donne, ricordi, e sensi di colpa. Si pensa sempre a qualcosa, e per me la malinconia prevale sulla noia, che diventa così una specie di réverie mista a tristezza intorno alle cose che mi circondano. Da questo stato nasce la prosa dell'elegia, che è un modo di sfuggire al sadomasochismo dei rapporti umani troppo stretti.
La noia permette di contemplare quello che appare in lontananza, a metà strada tra il dolce e il funebre, e di sottrarsi in questo modo alla polemica e alla collera. Questa noia malinconica ci pone al di là dell'angoscia paralizzante, favorisce lo slancio dell'immaginazione e anche della lucidità, e dispensa dall'alzare il tono e lanciare delle grida: "Gettare il proprio cuore tra le cose e allontanarsene per meglio contemplarle e oggettivarle", diceva Camus.
La noia è più arida, la malinconia è più musicale, ha una vibrazione lirica. Sul mare l'aridità prevale. Per me, niente può essere concepito senza legame con il paesaggio, e quando le cose riappaiono sul mare, nel mezzo dei ricordi, hanno questo tono di spoliazione e di dolcezza, non tanto dal punto di vista della malinconia romantica, quanto da quello dell'universalità. Lo sguardo sul mare causa la contemplazione dell'infinito. Le rocce mi riportano alle cose antiche. Il minerale è più vicino all'essenza, mentre il deserto è più superficiale. La letteratura della mia regione è fatta di questo linguaggio aspro, teso verso l'essenziale. Oggi vedo scrittori che si buttano con rabbia nel bel mezzo della mischia, della lotta, della carneficina, del saccheggio. Non amo questo tipo di letteratura, preferisco la contemplazione."

Francesco Biamonti, Une manière de contempler le lointain, Magazine littéraire n. 400, luglio-agosto 2001, pag. 32.
Francesco Biamonti, Scritti e parlati, G. Einaudi Editore, 2008, pag.54-55




giovedì 21 ottobre 2010

Fumare il toscano

Fumare è un vizio, si sa, ma a volte assume la caratteristica di un rito, che innegabilmente merita le sue osservazioni.


All'apparenza la sequenza fotografica pare proponga tre foto uguali, ma in realtà il toscano si sta consumando, aumentando gradualmente la parte incenerita.
Caratteristica del sigaro è di essere formato da un'unica foglia di tabacco che, se conservato alla giuste condizioni e fumato ad arte, si consuma in modo compatto, senza far cadere la cenere per un bel pò di tempo.


Soltanto quando questa comincia ad incurvarsi, è opportuno procedere a depositarla nel posacenere, onde evitare "incidenti"... Molti non gradiscono l'odore prodotto dal toscano, tuttavia è seducente osservare la calma del fumatore.

Secondo me è un vero e proprio antistress, perchè richiama ad una distensione che la sigaretta non contempla. Nel mondo contadino era consuetudine fumare il toscano o i toscanelli, da parte soprattutto degli anziani, e non stupivano affatto i tempi lenti impiegati, come invece stupiscono ai giorni nostri.
Forse ciò che stupisce oggigiorno è vedere i fumatori di toscano capaci di assoggettarsi alla quiete, lasciando da parte nevrosi e agitazioni varie.
Un immagine a suo modo benefica oltre che affascinante.


venerdì 15 ottobre 2010

Coltivare

Vigneti e uliveti nel Chianti in Toscana

Laddove l'intervento dell'uomo sul territorio per la produzione agricola offre questi spettacoli, vien da pensare al perchè esistono le metropoli.


Coltivazione di tè in Malesia

Ad ogni latitudine, l'armonia uomo-natura è garantita.

Foto pervenutemi da Marco Lorenzi.

domenica 10 ottobre 2010

La terra

Contadino delle Langhe

Il mio amico Marco Lorenzi mi foraggia di fotografie. Tempo fa mi ha mandato questa presa dal web che, oltre che ad essermi familiare, mi ha fatto riflettere sulla distanza che si è creata col progresso tra l'uomo e il contatto viscerale con la terra. Era fatica, è vero, ma era anche un deposito di valori. Umiltà, coraggio, volontà, pazienza, accettazione, contatto col proprio corpo e la materia da manipolare, odori, osservazioni, elementi... la terra, la fonte della vita.

venerdì 8 ottobre 2010

Solidarietà del Teatro Regio di Torino per il Carlo Felice di Genova

Teatro Carlo Felice di Genova
(foto presa dal web)

Questo è il comunicato letto martedì sera all’inizio dello spettacolo al Teatro Regio di Torino, fortunatamente trasmesso in diretta da Radio3 e ripreso all'indomani da alcuni giornali. Lo stesso comunicato verrà consegnato in forma di volantino al pubblico delle recite successive:

In occasione dell’inaugurazione della stagione 2010 – 2011 le lavoratrici e i lavoratori della Fondazione Teatro Regio di Torino rivolgono un pensiero di solidarietà ai colleghi del Teatro Carlo Felice di Genova, ove in queste ore si sta vivendo una crisi drammatica senza precedenti. Ai dipendenti del Teatro di Genova vengono accollate le colpe esclusive del fallimento di un sistema fatto di cattive gestioni e accumulo di deficit, per il quale stanno pagando con la possibile perdita del salario e del posto di lavoro. Le soluzioni a sostegno momentaneo del Teatro proposte dalle forze sindacali, votate dalla maggioranza dei dipendenti, mediante la decurtazione volontaria dello stipendio, sono state rifiutate dal CDA e ora si avvicina lo spettro della liquidazione amministrativa coatta. Esortiamo le forze politiche, sociali e amministrative a scongiurare con ogni mezzo tale disastrosa soluzione che porterebbe, nel capoluogo ligure, alla scomparsa di una realtà di grande valore artistico. In questo momento di crisi economico-culturale nazionale, chiediamo uno sforzo a tutte le istituzioni coinvolte affinchè promuovano e sostengano il rilancio del sistema culturale italiano. Abbiamo constatato, durante la nostra recente trasferta in Oriente, come il mondo consideri l’arte e la musica lirica italiana la massima espressione di civiltà. E’ nostro dovere difendere tale patrimonio e trasmetterlo alle generazioni future.

I Lavoratori del Teatro Regio di Torino

Post pubblicato sul blog Non zittite l'arte


lunedì 4 ottobre 2010

Nel bel mezzo della festa

Leno Pastorini

In Val Nervia, verso la fine dell'estate e nel primo periodo autunnale si svolgono una serie di sagre. Si inizia con le pansarole ad Apricale, i barbagiuai a Camporosso, la sagra del fungo a Pigna, la castagnata a Buggio e a Castelvittorio.
Ieri a Pigna, c'era appunto la sagra del fungo, una classicissima, che offre una piacevole atmosfera di festa nella splendida cornice del paese; la partecipazione di pubblico è sempre molto alta e la bella giornata ne ha favorito lo svolgimento.
Nel bel mezzo della festa ecco che Leno se ne torna a casa dopo la sua battuta di caccia e attraversa la piazza proponendo questa immagine di "rottura" con il contesto festaiolo.

Leno

Ormai anche nei paesi ci si sente tutti abbastanza omologati e la sua comparsa mi ha riportato alla vera identità della gente di paese, all'essere unico e a proprio modo, con tranquilla e pacifica convinzione. Serenamente Leno ha attraversato la piazza, salutando e sorridendo e dentro di me pensavo che certi personaggi ci "staccano" in senso positivo dal contesto in cui ci si trova e ci riportano a riscoprire valori perduti. Non importa se si dissente dal fattore "caccia", importa capire che un diverso fra tanti uguali a volte fa davvero la differenza.