martedì 31 dicembre 2013

Anno dopo anno


Mia vita, anno dopo anno
non mi aspetto da te che danno.
Eppure seduto da solo
a questo tavolino di un caffè
con davanti un decà
i giornali e un taccuino
che guardo la folla passare
che va verso il mare e ne viene
le negre così audaci
le dolci maghrebine
i suonatori ucraini
i venditori di palloncini
i pallidi turisti inglesi
le file di giapponesi
ragazzi che fanno jogging
ciclisti, pattinatori
la povera con la sporta
sempre piena di fiori
il pazzo grasso che chiede
a tutti una sigaretta
uomini su sedie a rotelle
uomini che vanno di fretta
mamme che spingono carrozzelle
vecchie nizzarde rotte
al vizio del gioco e del fumo
clochard che si spidocchiano
i capelli grumo dopo grumo
bambini calamitati
dalle code dei piccioni
giovani che nelle mani
hanno già le bottiglie
e aspettano e vagano in frotte
la festa dell'ultima notte
- grande è la turba di esseri
già destinata agli Inferi
assoluto dominio che ha
su tutto la caducità -
eppure io seduto da solo
al caldo dietro la vetrata,
vita bella e dannata,
lo so come ti ho amata
e come ti amo ancora.

Giuseppe Conte - Nizza, 31 dicembre 2002 


Buon 2014 a tutti 

sabato 28 dicembre 2013

Il ghiaccio alla finestra


"Ho avuto la fortuna di avere vissuto Natali poveri. Non di miseria, ma poveri. Nella Modena della mia infanzia, prima che la città esplodesse di una ricchezza troppo violenta e repentina perché fosse solida, non c’era riscaldamento centrale nella casa dei nonni, in pieno Centro, soltanto una stufa Becchi che faceva quel poco che poteva. Andavo a letto col prete, un braciere sotto le coperte gelide che oggi comporterebbe l’irruzione dei pompieri e una denuncia giudiziaria. Al mattino, il velo di ghiaccio all’interno dei vetri mi piaceva moltissimo, perché permetteva di scriverci sopra con l’unghia W Milan, quel Milan di allora. Il nonno dipingeva vetrini come diapositive a mano, proiettate contro il muro dalla “lanterna magica” e i regali della Befana erano mandarini e collane di vecchioni, che non è il grande musicista, ma sono castagne secche affumicate. Le donne tiravano pasta sfoglia e facevano il ripieno per i tortellini, gli uomini sostanzialmente nulla, a parte il nonno che preparava la Lanterna Magica e a parte mangiare quello che le donne avevano sgobbato a preparare. Ho avuto la fortuna di conoscere questa Italia fatta di poco e di molto, di persone che protestavano poco e lavoravano moltissimo, perché vedevano, giorno dopo giorno, anno dopo anno, i risultati della propria fatica ed erano ancora increduli d’essere sopravvissuti alla guerra, ai rastrellamenti, alle bombe dei Liberatori, alle esecuzioni in piazza. Il mio termine di raffronto non è l’Italia cafona e pseudo ricca del boom, delle settimane bianche, della Milano da bere che oggi fa sentire le nuove generazioni defraudate dal diritto al benessere, ma è quella del velo di ghiaccio all’interno dei vetri e della castagne secche. Non la rimpiango, ma la ricordo bene. Auguri a tutti".

[da La Repubblica - Tempo reale, 24 dicembre 2013]

Vittorio Zucconi - Bastiglia (Mo) 1944

venerdì 27 dicembre 2013

Uno strano Natale


"Auguro a tutti un buon Natale, con una riflessione. Mi sono chiesto a lungo il motivo per cui, quest’anno, gli ultimi giorni e la stessa festa imminente fossero così anomali, con quest’aria pesantissima, di cataclisma imminente, di doversi sbrigare a concludere ciò che c’era da fare come fossero le ultime cose da sistemare prima che cali il sipario. Non è solo l’ottavo anno di crisi indotta, né l’esasperazione di una vita divenuta per molti versi invivibile. Credo sia la consapevolezza collettiva che la porta si stia per richiudere. Che chi è passato si è messo in salvo con forza, energia, volontà soprattutto, di mettersi in gioco, integrare e guarire, distruggere e ricostruire, deporre le armi e imparare ad affidarsi. Chi ha abbracciato la vita, è già passato sulla scialuppa e sfiora con le dita la terraferma di un nuovo Io condiviso. Chi ha saputo morire, oggi sta con meraviglia rinascendo e si sta scoprendo e riconoscendo in un mondo sempre più vasto e consapevole. Questo è accaduto a me e a molte persone che amo e che ho conosciuto in questo percorso. Esse ora illuminano la mia vita. I falsi maestri si stanno disintegrando come i loro falsi discepoli. Chi ha lavorato davvero oggi è felice, e se non è felice, continua a vedere una luce, e questa luce è sempre più forte. Chi è nell’oscurità più totale, anch’egli vedrà presto accendersi un raggio di sole che lo guiderà. Chi semplicemente non si accorge di nulla, verrà lasciato intatto dal cambiamento, e vivo o morto che sia, vivrà avvolto dal guscio della sua indifferenza. Oggi non si può più essere indifferenti, né al dolore, né alla bellezza, né alla verità. Chi troppe volte si è voltato dall’altra parte, vedrà la vita voltarsi dalla parte opposta. Chi ha seminato bene, già vede il primo raccolto. Coloro che sono puri e hanno fatto della purezza, della virtù, della rettitudine, la propria religione, vedranno un mondo sempre più somigliante a loro. Questo 2013 è stato senza dubbio l’anno di passaggio e si chiude con gli ultimi spiragli di fuga. L’anno prossimo sarà molto più veloce, drammatico, selettivo. Chi è su un percorso si avvicinerà molto alla meta e raccoglierà grandi benedizioni. Gli altri avranno perso un’occasione d’oro che difficilmente si ripresenterà in questa vita. Stringo ciascuno di voi, onorato dalla compagnia in questo viaggio, illuminato dai vostri insegnamenti, parole, messaggi, consigli, pensieri. Grazie di tutto, con tutto il cuore, di essere con me parte delle luci di questa danza dell’universo".

Gabriele Policardo


martedì 24 dicembre 2013

Natale 2013



Buone feste!


lunedì 23 dicembre 2013

Abbandono


Volata sei, fuggita
come una colomba
e ti sei persa là, verso oriente.

Ma son rimasti i luoghi che ti videro
e l'ore dei nostri incontri.

Ore deserte,
luoghi per me divenuti un sepolcro
a cui faccio la guardia.

Vincenzo Cardarelli (1887 - 1959)

lunedì 16 dicembre 2013

Renoir a Torino

La Liseuse - 1875-1876

Renoir, Impressionismo, Torino: una meraviglia. Non ci siamo lasciati scappare questa opportunità ed abbiamo fatto bene. Il gruppo degli appassionati di arte, che partecipa alle iniziative dell'Associazione culturale A Cria di Vallebona, si è fatto proprio un bel regalo di Natale.

 
M.me Charpentier - 1876-1877

Straordinaria la sala dei ritratti dei soggetti femminili: Renoir riesce a unire la dea e la popolana in un'unica donna e i dipinti esposti catturano il visitatore offrendo loro uno spettacolo di assoluta bellezza. 

Fanciulla seduta Hélène Bellon - 1909
La fidanzata del portalettere di Cagnes sur mer

D'altronde egli si lascia trasportare dal mistero della bellezza, che sa ritrovare e far affiorare in qualunque soggetto dipinga: una bellezza poetica, interiore, ma non per questo retorica o idealizzata. Questa Fanciulla seduta, ad es., mi ha proprio rapito l'anima...

Sentiero nell'erba alta - 1876-1877

Splendida anche la sala dei paesaggi, dove Renoir impegna altrettanta poesia nel dipingerli. Esalta la semplice bellezza della natura e, come accade nel Sentiero nell'erba alta, ci si sente spinti a camminarci dentro.

Dance à Bougival - 1882-1883

Nel dipinto Dance, Renoir esprime tutta la sua fascinazione per la vita di società e l'atmosfera della Parigi mondana e alto borghese... 

Les pianistes - 1892

...mentre nella sezione dedicata all'infanzia Renoir comunica l'intimità della vita familiare.

Gladioli - 1885

Et enfin, les fleurs: un bagno di bellezza dall'inizio alla fine, perle rare nell'oscurità di questa epoca.


martedì 3 dicembre 2013

Socrate, Gesù, Buddha


[...] Sono convinto che possano rispondere agli interrogativi e ai bisogni più profondi della crisi planetaria.
La vera domanda a cui dobbiamo trovare una risposta, infatti, è la seguente: può l'essere umano essere felice e vivere in armonia con il prossimo all'interno di una civiltà interamente costruita intorno all'ideale dell'"avere?" "No", risponderebbero senza indugio Socrate, Gesù e il Buddha. Il denaro e l'acquisizione di beni materiali sono solo mezzi, per quanto utili, ma mai fini in sé. Il desiderio del possesso è per natura insaziabile, e genera frustrazione e violenza. L'essere umano è portato a desiderare incessantemente ciò che gli manca, a costo di sottrarlo con la forza al suo vicino. Ma, una volta garantiti i bisogni essenziali (nutrirsi, avere un tetto sopra la testa e ciò che occorre per vivere in modo dignitoso), l'uomo dovrebbe entrare in una logica alternativa per essere soddisfatto e diventare compiutamente umano: entrare nella logica dell'"essere", imparando a conoscersi e dominarsi, a comprendere e rispettare il mondo che lo circonda. Dovrebbe scoprire come amare, vivere con gli altri, gestire le proprie frustrazioni, conquistare la serenità, superare le inevitabili sofferenze della vita, ma anche prepararsi a morire con gli occhi bene aperti. Se l'esistenza è un fatto, la vita è un'arte: un'arte che si impara, interrogando i saggi e lavorando su se stessi. [...]

Frédéric Lenoir, Socrate, Gesù, Buddha, Mondadori Editore, Milano, 2010, pag. 6, 7


domenica 1 dicembre 2013

I Liguri


"I Liguri stanno affacciati al mare dal davanzale dei loro monti, e han voci strascicate unte d'olio, parlano come se avessero la bocca piene di sardine all'olio.
Storcon la bocca, parlando, e questo e forse questo viene per la ragione che le loro parole non son rotonde, ma bislunghe, fatte a losanghe, a triangolo isoscele, e per farle uscir di bocca bisogna storcer la bocca.
Oppure per la ragione che i Liguri le tengono fra i denti, e non le vogliono lasciare andare, e se le ciucciano, le mordono, e se le stringono fra le gengive, e quelle si divincolano, si dimenano, per uscire, finché escon di bocca unte e storte.
Oppure perché le parole liguri sono fatte come i pesci, e vogliono sgusciare di bocca, e conviene tenerle, perché il discorso venga fuori con le parole-lische e gli aggettivi, e i verbi al posto, l'un dietro l'altro secondo l'ordine dell'italiano.
Vivono in un paese stretto tra i monti e il mare, e non hanno posto per camminare, e perciò vanno in barca e solo per questo motivo son marinai, quando son marinai, poiché non è detto che siano tutti marinai, in grandissima parte son montanari o contadini, e coltivano l'olio, il grano, poco vino e fiori.
La maggior parte vive sui monti o in collina.
E la minor parte sta di casa sul mare, cammina stando attenta a non bagnarsi i piedi, così stretta è la riva, tanto che la sera i genovesi non escon di casa per paura di cascare nell'acqua."

Curzio Malaparte (Prato 1898 - Roma 1957)

Scritto donatomi dall'amico Gian Paolo Lanteri