sabato 29 dicembre 2012

Ciao Rudy

Rudy

Sedici anni, due mesi e dieci giorni e la sua vita si è conclusa: per tutto questo tempo, Rudy è stato insieme a noi, alla nostra famiglia, alla nostra vita agricola e la sua presenza ha cadenzato ogni nostra attività.


In magazzino, forse per stare più vicino alle persone, preferiva sentirsi cadere addosso gli scarti dei fiori invece che bivaccare tranquillamente nella sua cuccia: ogni tanto si alzava spargendo dappertutto ciò che aveva addosso e cercava qualche carezza o, ancor meglio, qualche ghiottoneria...


Dormiva volentieri tra i baffi della ginestra, ricreandosi un cuccio bello caldo...


...e poi sollevava la testa alla ricerca di uno sguardo o per compiacersi del fatto che eravamo tutti lì e gli facevamo compagnia.


Tenero, dispettoso, fedele, ma soprattutto libero: se lo ricorda, la gente, come il cane libero per eccellenza, che girovagava in ogni dove riuscendo a non farsi mai "fregare" dall'essere investito da qualche automobile... 
La sua libertà gli costò un "avviso di garanzia" da parte del Comune, ma prendendo le sue difese gli risolvetti io il problema, come documentai in in questo post.


Per ogni specie lavorata in magazzino, amava coricarvisi sopra pur di mantenere la vicinanza di noi altri...


...ma non sempre però si sdraiava sugli scarti, talvolta si coricava sulla merce stessa!


A giugno, puntualmente, era il momento della tosatura, per affrontare l'estate senza il calore del folto pelo che lo ricopriva: tornava sbarbatello e ringiovanito e, a dirla tutta, quasi irriconoscibile...


Un'intera esistenza spesa in campagna, tra ulivi, ginestre, mimose e ruscus e, negli ultimi anni, in compagnia di Ester, la bassottina di un aiutante che tanto lo ha rallegrato e di cui ne parlai a suo tempo qui.


Il guinzaglio? Solo per andare in città, dal veterinario o dal tosatore: nessun'altra catena o cancello ha mai ostacolato la sua vita.
Questa mattina, dopo un preavviso di alcuni giorni, le sue zampe sia anteriori, sia posteriori, hanno definitivamente ceduto e nulla è valso a rimetterlo in piedi: una breve agonia ha concluso la sua esistenza e con molta dignità se ne è andato per sempre.

Ciao Rudy, grande vagabondo, un po' testone ma tanto affettuoso... 
Ci mancherai, ne siamo certi. 


domenica 23 dicembre 2012

Auguri


Collaudati oramai da tempo al periodo delle feste natalizie, stiamo per entrare nelle ben nota atmosfera dei pranzi in famiglia, dei regali che si riducono di anno in anno, delle serate da U fògu du bambin, delle giornate di lavoro nei fiori che diventano, proprio in questi giorni di evasione, ancora più pesanti, visti i prezzi di mercato.
Tornano a casa i figli che ormai vivono lontani, i nipoti, i loro bimbi e, per chi è stanziale come me, tutto assume un contorno diverso ed assai gradito. Dicono i proverbi del paese : "E feste i sun tempeste" e "Dopu e feste ven i desturbei" per indicare il cambio dell'abituale dimensione e per sottolineare i disturbi corporali che conseguono ai non pochi banchetti del periodo.
Rimane salvo per i credenti l'aspetto spirituale della nascita del Cristo che, in sé, ha un significato di tutto rispetto, ma se ci guardiamo attorno vien da chiedersi cosa abbiamo alla fin fine imparato e messo in pratica del suo messaggio...
Auguriamoci pure che siano buone queste feste, nonostante il clima di incertezza e la nauseante situazione in cui si trova il nostro Paese.
Le luminarie lampeggiano alla sera, illuminano la notte, ma troppo spesso rimangono oscure le nostre menti.
Peccato.

Auguri a tutti
Pia


domenica 16 dicembre 2012

Dell'olio extravergine di oliva taggiasca

Olio nuovo

Sarò lunga, portate pazienza: trattasi di un appello.
L'olivicoltura, nello specifico la cultivar Taggiasca, è stata per molto tempo la più importante economia della provincia d'Imperia. Dopo la fine della II Guerra Mondiale, con l'avvento dell'industria, i contadini furono obbligati all'abbandono delle coltivazioni olivicole perché non erano più remunerative: dai paesi più interni si verificò una forte emigrazione verso paesi esteri o verso la costa, quelli posizionati in zone intermedie convertirono l'olivicoltura in floricoltura, rimanendo quindi insediati nel territorio e trasformando l'attività contadina in piccola imprenditoria agricola.
Paesi un tempo molto ricchi, come Pigna, Ceriana, Pieve di Teco vissero una sorta di decadenza, mentre quelli che avevano poco territorio e soprattutto non avevano "l'acqua" come risorsa propria, iniziarono a prosperare grazie alle produzioni floricole. 
Furono dei botanici stranieri, come Winter e Hanbury, che iniziarono le nostre popolazioni alla coltivazione dei fiori, dicendo loro che il clima favorevole della riviera permetteva la crescita e la commercializzazione dei fiori verso i loro paesi di origine, segnati per molti mesi dal grigiore e dal freddo del clima continentale. Ebbe così inizio un'economia che per circa un secolo ha portato sviluppo e benessere all'estremo ponente ligure.
Come accadde nel dopoguerra con l'olivicoltura, adesso la floricoltura sta vivendo una lenta agonia: i prezzi non sono più remunerativi, i rischi di gelate sono aumentati per i cambiamenti climatici e tutti coloro che svolgono questa attività nutrono dubbi e forti incertezze.
Da un po' di tempo penso che il recupero dell'olivicoltura possa essere una salvezza per il nostro territorio e la popolazione che lo abita, tanto più che gli ulivi, benché abbandonati, sono recuperabili se potati e concimati a dovere. Ma alla base del mio pensiero sta soprattutto il fatto che, come per la floricoltura, ci si debba rivolgere a quella fetta di mercato rappresentata proprio dallo stesso Nord Europa che tanti fiori ha consumato nel tempo.
Ci sono molti ragazzi che tornano alla terra: non hanno altre prospettive da inseguire e recuperare i patrimoni terrieri olivati delle loro famiglie rappresenta per loro un'opportunità, anche se poi rischiano di andare incontro a difficoltà nella vendita del prodotto. Quello di cui hanno bisogno è che ci sia qualcuno (e di enti in Italia non ne mancano di certo!) che si attivi per promuovere l'olio extravergine di oliva taggiasca, laddove possa incontrare l'interesse e l'apprezzamento. 
Senza dover vantare come superlativo il proprio prodotto, ma semplicemente riconoscendogli le sue peculiarità, è un'operazione di marketing quello che serve: un olio delicato, che non copre i sapori, ma semmai li "scopre", ha un jolly da giocarsi in quei Paesi dove l'alimentazione è a base di pesce e l'uso e consumo delle verdure va aumentando di anno in anno.
Ci sono tedeschi, danesi, scandinavi, inglesi, abituali frequentatori delle nostre zone, che hanno saputo e potuto conoscere e apprezzare il nostro prodotto. Un manager danese a cui è stato chiesto se secondo lui sarebbe pensabile diffondere l'olio di oliva taggiasca in Danimarca, ha risposto: "Siete pronti?". No, non siamo pronti, siamo lenti, siamo soli, gli enti non ci seguono, non ci ascoltano, hanno troppe burocrazie da inseguire.
Le iniziative individuali già affermatesi in questo senso non mi interessano: il mio pensiero è comunitario; un beneficio, per essere tale, deve essere di tutti o di coloro che ritengono scegliere una strada perché può condurre a qualche destinazione. Siamo stanchi di contare sempre e solo su noi stessi: eppure l'iscrizione alla Camera di Commercio la paghiamo, l'adesione alle associazioni di categorie la paghiamo, le tasse allo Stato, alla Regione, alla Provincia e ai Comuni pure. Adesso è arrivato il momento che qualcosa ci venga anche dato, per uscire da un  immobilismo che rischia di ridurci veramente male.
La provincia di Imperia è sinonimo di produzione di olio extra vergine di oliva taggiasca: il mio appello è rivolto agli enti competenti affinché si impegnino a dare visibilità e fattibilità ad un'economia che può risolvere veramente i problemi di migliaia di famiglie e soprattutto di giovani. 
Un'intera provincia, un unico prodotto: e questo è un bel vantaggio.
SERVE FAR CONOSCERE L'OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA TAGGIASCA, "FISH OIL", AI PAESI NORD EUROPEI,  SERVE ORGANIZZARE LA PRODUZIONE E LA COMMERCIALIZZAZIONE. 
E che nessuno mi venga a dire che mancano i mezzi per farlo.


sabato 15 dicembre 2012

Da "Il mestiere di vivere"

Le Langhe

"Strano momento in cui (tredici o dodici anni) ti staccavi dal paese, intravedevi il mondo, partivi sulle fantasie (avventure, città, nomi, ritmi enfatici, ignoto) e non sapevi che cominciava un lungo viaggio che, attraverso città avventure nomi rapimenti mondi ignoti, ti avrebbero ricondotto a scoprire come ricco di tutto quell'avvenire proprio quel mondo del distacco - momento in cui eri più paese che mondo - a riguardare indietro. E' perché il mondo l'avvenire ora l'hai dentro come passato, come esperienza, come tecnica, e il perenne e ricco mistero si trova essere quel tu infantile che non hai fatto in tempo a possedere.
Tutto è nell'infanzia, anche il fascino che sarà avvenire, che soltanto allora si sente come un urto meraviglioso." 

Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, Einaudi Editore, Torino, 1973, pag. 330-331


giovedì 6 dicembre 2012

Questo mondo è marcio alle radici


Guardiamoci intorno e soffermiamoci sul cosiddetto mondo "civilizzato". Da oltre mille anni cerca di conseguire la felicità e di estinguere la sofferenza. Ma lo ha fatto ricorrendo a mezzi sbagliati: l'inganno, la corruzione, l'odio, l'abuso di potere e lo sfruttamento degli esseri viventi. Ha cercato esclusivamente la felicità personale e materiale opponendo tra loro gli individui, le razze e i sistemi sociali. Se in India, in Africa e in altri paesi la miseria e la carestia possono regnare indisturbate, non è perché manchino le ricchezze naturali, ma perché ciascuno ha cercato il profitto personale senza timore di opprimere gli altri per conseguire il proprio scopo egoistico. Il risultato è questo mondo triste e commiserevole. Le sue radici sono marce, esso soffre e, se prosegue su questa via, soffrirà sempre di più.
Bisogna tentare l'impossibile e cambiare. Personalmente insisto nel pensare che se si continua a ricalcare un modello sociale condizionato dal denaro e dal potere, tenendo simultaneamente in scarsa considerazione i veri valori come l'amore, ne conseguirà che le generazioni future potrebbero trovarsi in balia delle peggiori difficoltà e in preda a sofferenze ancora più terribili.

Dalai Lama, Samsara, Oscar Mondadori, Milano, 2009, pag.68