domenica 22 maggio 2016

2050. Breve storia del futuro.


"Conflitti globali, mutazioni genetiche, diseguaglianze sociali ed economiche, sfruttamento delle risorse naturali compongono il complesso panorama dei prossimi decenni; gli artisti di 2050 interpretano queste tematiche complesse e invitano a ri-pensare il tempo che verrà con visioni anche costruttive e talvolta ironiche".

Questa sintesi racchiude ciò che si può vedere alla mostra 2050. Breve storia del futuro in corso a Milano, a Palazzo Reale, fino al 29 maggio. Quarantasei artisti, con le loro opere, interpretano l'omonimo libro di Jacques Attali, uscito nel 2006. Ebbene sì, ci sono andata, con curiosità e aspettative diverse da quello che ho visto e percepito.

Ci sono alcuni termini chiave in questa mostra, che hanno quasi tutti il suffisso iper. 
Iperimpero
Sovrapopolazione
Sovraconsumi
Iperinquinamento
Iperconflitti
Iperdemocrazia


Le mie aspettative erano finalizzate alla prospettiva di un "mondo migliore", ma, ahimè, sono andate deluse. Quello che gli artisti hanno realizzato per interpretare il libro di Jacques Attali ci dà un'indicazione inquietante: il mondo andrà avanti nella direzione in cui sta andando adesso, amplificando i fenomeni per effetto della globalizzazione.

Alighiero Boetti - Mappa Geopolitica (Ricamo)

Iperimpero: Boetti ha chiesto a degli artigiani Afghani di produrre dei bellissimi ricami che rappresentino la mappa politica mondiale senza prendere parte al procedimento, per sottolineare come lui stesso, in quanto individuo, abbia poco o addirittura nessuna influenza sul modo in cui i confini si evolvono. Ci sarà un declino dell'impero americano e la geopolitica cambierà velocemente, con alcuni paesi che emergono e altri che spariscono.

Fat Man di John Isaacs

Iperimpero va di pari passo con sovrapopolazione, sovraconsumo e iperinquinamento, con particolare riferimento all'inquinamento degli oceani causato dai rifiuti plastici. C'erano diverse opere in questa sezione, non da ultime alcune sculture realizzate utilizzando rifiuti come materiale.

Tracey Snelling - Aeroplastisc

In quest'opera si mescolano le culture dell'America Latina e della Cina: anche se il progresso infrastrutturale non è giunto, la tecnologia è presente in ogni antro...

Iperconflitti: secondo J. Attali, le tensioni prodotte dalle ineguaglianze potrebbero degenerare in numerosi conflitti (come alcune situazioni attuali, peraltro). Al Farrow, con la sua sinagoga, mausoleo mussulmano e reliquario cristiano, fatto di armi e munizioni, sottolinea come le fedi religiose e la guerra siano sempre collegati E, sinceramente, queste tre opere sono state quelle che mi hanno colpito di più: 

Al Farrow - Sinagoga 

Al Farrow - Mausoleo mussulmano

Al Farrow - Reliquario cristiano

Iperdemocrazia: Jacques Attali evita di utilizzare termini come "ottimistico" o "pessimistico", dal momento che li vede entrambi come i poli dell'"inazione": attendere che venga un futuro migliore oppure aspettare che venga la fine del mondo. 

 Mark Titchner  - Let the future tell the true. Another world is possible

Un po' di speranza è nell'opera di Mark Titchner: con motivi vittoriani costruisce una città ideale che contrasti con la cementificazione incontrollata e dove esprime che non ci sarà futuro senza salvaguardia del passato. 
Et enfin, altra opera sorprendente:

John Isaacs - Architecture of Empathy

E una Pietà michelangiolesca velata. Un masso potente (4 tonnellate), scavato nel marmo bianco di Carrara rifà l'icona del Buonarroti in perfette proporzioni, ma nascosta da un drappo, come un sudario che avvolge madre e figlio. Fisionomie e profili svaniscono. Resta un abbraccio, un'anima, un'empatia del gesto sotto quel velo, come suggerisce il titolo della scultura, Architecture of Empathy. L'autore è John Isaacs, provocatorio scultore inglese, che qui riesce a cogliere nel segno lo spirito del tempo e dei suoi conflitti, spesso nutriti da una totale mancanza di empatia.

Una bella mostra, serviva più tempo per coglierne ogni significato. In ogni caso un tentativo di dare delle risposte alle troppe domande che ci affollano la mente, il che non è poco.