giovedì 25 aprile 2019

25 Aprile 2019


"Oggi è la Festa della Liberazione, una data dalla quale la storia moderna non può prescindere. Da allora, la nostra nazione non ha più vissuto guerre e ha costruito un paese libero e democratico, fondato sui principi scritti nella Costituzione.

Oggi si ricorda la lotta partigiana, grazie alla quale l'Italia fu liberata dal nazi-fascismo, mettendo fine all'asse Hitler-Mussolini, due nomi da ricordarsi nel pieno della loro negatività. Una lotta di popolo, costata vittime e sacrifici, combattuta da molti spesso contro la propria volontà di partecipazione, ma piuttosto per necessità, nella consapevolezza di combattere per una causa giusta e generosa. Una lotta che, affiancata dall'intervento delle potenze mondiali, ha permesso all'Europa di essere liberata e di intraprendere il suo percorso di evoluzione e progresso e di giungere alla sua unificazione affinché non si ripetessero più conflitti tra le nazioni al suo interno.

La storia è maestra di vita solo se studiata, se ascoltata dai racconti, se tramandata onde non perderne la conoscenza.

Il passare dei decenni ha dimostrato che è facile dimenticare o non sapere, insomma ignorare quel passato appena dietro l'angolo che portò tanta devastazione. Nulla è acquisito per sempre, conquiste costate grandi sacrifici possono svanire in modo molto rapido, laddove il diritto perde la sua ragion d'essere e si fanno sempre più spazio l'istinto e la grettezza, ovvero l'ignoranza.

I tempi attuali destano serie preoccupazioni. Non possono venir meno i concetti di uguaglianza tra gli esseri umani e dei diritti umani, i quali non possono essere per alcuni maggiori, per altri ridotti. Questa è la vera discriminazione: pensare che qualcuno abbia meno tutela di altri per nascita, per credo religioso o per estrazione sociale. Non si può arrivare ad addossare la colpa delle cose che vanno male al diverso, perché allora la storia può ripetersi.

Il clima politico che stiamo vivendo sembra che stia andando proprio in questa direzione: siamo consapevoli di vivere da sempre nella dualità, nella diversità di pensiero e, grazie alla libertà e alla democrazia, non è mai venuto meno il confronto. E' pericoloso e troppo facile semplificare i concetti, parlare agli istinti invece che alla ragione, aizzare le folle: compito della politica è comportarsi esattamente al contrario. Invece, oggi, inquieta che serpeggi un'ondata di odio nei confronti del diverso, sia per etnia, sia per differenza di pensiero ideologico, sia per razzismo e prevaricazione: un'onda lunga, che si sta espandendo in tutta Europa, alla vigilia delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo.

Affinché la storia non debba sottostare ai suoi Corsi e ricorsi (come sosteneva Giambattista Vico), è necessario che l'uomo continui il suo cammino evolvendo e non regredendo. I principi fondativi della Costituzione sanciscono intensamente qual è la strada da percorrere ed ognuno di noi ha il dovere e l'opportunità di continuare a costruire un mondo migliore. Perché la Liberazione non è solo un evento riconducibile al 25 aprile del 1945, ma è un valore da difendere ogni giorno, onde evitare che la barbarie possa ripetersi".



Testo del mio intervento al Cippo alla Resistenza di Vallebona



sabato 12 gennaio 2019

Da un taccuino di viaggio di Giuseppe Yusuf Conte

Giuseppe Yusuf Conte (1945)

"Ricopiato da un taccuino che tengo in tasca in viaggio:

Io mi ribello, non è giusto:

che al   progressivo arricchimento di pochi protagonisti della finanza globale  sia  proporzionale l’impoverimento di miliardi di esseri umani , tra cui io

che la globalizzazione spazzi via tutto quello che è tradizione, passato, appartenenza, sia sul piano spirituale sia sul piano materiale

che la politica ecologica sia appannaggio della tecnologia , cioè di quello che ha provocato i danni peggiori alla natura, e la natura diventi un fatto di tecnocrati e un business, invece che un oggetto d’amore  e di bellezza per tutti gli uomini del pianeta

che  scompaiono mille mestieri al giorno  e mille negozietti di quartiere, tutto ciò che è umile, concretamente utile, umano

che proliferino i  grandi centri commerciali, mentre scompaiono o si svuotano cattedrali e teatri, rendendo i  nostri tempi sempre più amorfi  e miserabili

che i robot sostituiscano gli esseri umani , deprezzando definitivamente il lavoro, la creatività, la dignità individuale del lavoratore

che le privatizzazioni siano considerate sempre il bene assoluto, e che tutto quello che è pubblico e dunque di tutti vada smantellato

che tecnica, economia, finanza siano considerate  una  triade che deve ineluttabilmente dominare il mondo

che  tutto ciò che appartiene alla sfera dell’anima, del sacro, della bellezza, del mistero  venga spento , e l’uomo sia ridotto a una dimensione materiale e poi a nulla
 
che elettronica, rete, social media governino e scandiscano la vita delle masse, rendendo tutto virtuale , senza corpo, senza verità, senza divinità, senza vera vita

che venga considerato illegittimo usare energie insurrezionali per  abbattere un potere ingiusto

che io debba  sottostare all’ignoranza , alla cecità, alla presunzione, alla miseria spirituale degli uomini del potere economico e politico, senza combatterlo in nome dell’arte , dell’amore e  dell’umanità".

Parigi, Le Danton, 9-12-2018


martedì 1 gennaio 2019

Nei "Duzàiri" tutti i segreti dell'anno


In passato, quando i satelliti meteorologici erano del tutto sconosciuti, la sapienza popolare aveva già escogitato un ingegnoso sistema per le previsioni del tempo, e per giunta a lungo termine. E oggi c'è ancora qualcuno, specie nelle zone rurali, che ricorre a questo antico metodo.

Si trattava di fare i Duzàiri o e Duzàire (parole derivate dal numero dialettale duze, ovvero dodici), una pratica che consisteva nell'osservare le condizioni del tempo durante i primi dodici giorni di gennaio e da ciò pronosticare l'andamento meteorologico dei mesi dell'anno. Così a giorni sereni o piovosi avrebbero corrisposto mesi di bel tempo o di pioggia, a giornate calde o fredde mesi afosi o rigidi.

L'usanza, diffusa in tutta la Liguria, si chiamava calèndie nell'imperiese e calàndria o calàndre rispettivamente nell'area genovese e savonese. Una particolarità può essere considerata quella del dialetto di Buggio, in alta Val Nervia, dove è in uso (o almeno lo era) la parola diair(i)e.

Volgendo lo sguardo fuori casa, scopriamo che in Spagna l'usanza esisteva con il nome las cabañuelas, come ci assicura Pedro De Alarcon nella sua novella El año campesino, l’anno contadino, in Nouvelas cortas, Madrid 1955. In questo saggio, l’autore enumera le varie tappe dell’anno, viste nell’ottica dei contadini, per i quali la divisione del tempo non avveniva in base alle date del calendario, ma secondo lo svolgersi dei cicli naturali. Da altre fonti autorevoli, sempre spagnole, si viene a sapere che l’osservazione delle vicende meteorologiche, ai fini della previsione, riguardava i primi 12, 18 o 24 giorni di gennaio e di agosto. In questo modo la validità del pronostico si prolungava fino ai mesi dell’anno successivo.

Anche presso la comunità albanese in Italia, si pratica questo antico sistema di previsione del tempo. Soltanto che i 12 giorni presi in considerazione non sono i primi di gennaio, ma quelli che precedono la festa di Natale, cioè dal 14 al 25 dicembre. Come si dice: paese che vai, usanza che trovi.


Renzo Villa, Dialetto ieri e oggi, Cumpagnia di Ventemigliusi, 1996, pag. 12