domenica 25 dicembre 2016

La noce moscata


"La noce moscata è il seme della “Myristica fragrans”, albero sempreverde originario dell’Indonesia, oggi diffuso nelle varie zone intertropicali.
Mandorla essiccata di forma ovale arrotondata, avvolta di un rivestimento carnoso (macis) e contenuta all’interno del frutto, ha sapore e odore particolari, dovuti alla presenza di un olio aromatico.
Già conosciuta dai mercanti Arabi medievali, questa spezia si affermò in Europa solo all’inizio del XVI secolo. L’uso, sia in cucina che in profumeria, divenne così diffuso negli ambienti aristocratici, che commerciarla rappresentò per oltre duecento anni occasione d’ostilità e intrighi tra gli Stati europei.
Ci fu un periodo, tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII sec., in cui il mondo cosiddetto "civilizzato" venne colto da una passione per la noce moscata.
In alcuni libri si sosteneva che la spezia fosse un meraviglioso eccitante che cosparso sul collo o in tasca sprigionava il meglio del suo aroma.
La noce moscata ebbe a lungo anche grande reputazione terapeutica come antisettico, e all’inizio del ‘700 rappresentava il rimedio di oltre cento malattie.
Nell’Ottocento, quando gli alimenti di sapore forte e odore intenso furono identificati come stimolanti erotici, la noce moscata divenne uno degli afrodisiaci più ricercati, elemento indispensabile assieme ad altre spezie nella preparazione della “pillola dell’amore”.
Poiché la sua ingestione massiccia causava allucinazioni e convulsioni, la noce moscata venne soprannominata nel Novecento: “Stupefacente dei poveri”

Ancora oggi questa è una spezia molto usata in cucina, ingrediente di dolci, budini e creme, ma anche di purè e verdure lesse. In Italia viene spesso aggiunta nei ripieni per tortellini, ravioli e cannelloni fatti a base di carne, formaggio o spinaci".

E mi piace ricordare la mamma, quando la usava con la piccola grattugia concava ai lati. Quel profumo e quel nocciolo che rimpiccioliva ogni volta (destinato a durare ancora chissà quanto!), rimane uno dei rituali più particolari che le vedevo fare in cucina: preludio di cose buone, come la cima, i ravioli e i cannelloni. 


Buon Natale 2016!


martedì 20 dicembre 2016

I bambini di Aleppo


Hanno perso l'angelo custode i bambini di Aleppo,
Waseem ormai non ha più ali per abbracciare quel cielo
sprofondato nel buio di una notte infinita.
Con il filo sottile della speranza
rammendava brandelli di vita e curava il dolore innocente
per regalare ancora un domani ai bambini di Aleppo
sospesi fra il cuore e un vento di stelle.
Figli di un dio minore disceso da un cielo distratto
sognano ancora di ascoltare
la voce del mare in un giorno d'estate
quando non pioveranno più fuoco e bombe
sulle strade bagnate di lacrime e sangue.
S'inventano giochi i bambini di Aleppo
nei cortili delle case dilaniate,
fra le rovine di un'infanzia sconfitta.
Hanno un cuore di vento per volare oltre la paura,
ma non corrono sui prati,
solo pietre e silenzio germogliano all'ombra del dolore.
La morte con mani di falce ha profanato quei sorrisi
e ora giacciono esanimi, i capelli spettinati sulla fronte,
la manine bianche arrese al gelido abbraccio,
il capo reclinato con un abbandono più grave del sonno
e gli occhi spalancati a guardare un mondo
che ha smarrito il senso della vita.
Adesso sono leggeri, leggeri i bambini di Aleppo
perché vogliono volare in alto nel cielo,
salire su quella giostra appesa ad un raggio di luna
e correndo fra le stelle ricamare arcobaleni
sulla soglia del tramonto.



Waseem era l'ultimo pediatra rimasto a prestare soccorso all'ospedale di Aleppo. A fine aprile è morto durante un bombardamento contro l'ospedale.


Rita Muscardin - Savona

I classificata al 3° Concorso Nazionale di Poesia "Leivi 2016" - Città dell'olio - Categoria Poesia Inedita 

                                            

giovedì 15 dicembre 2016

Mi dicevano che il tempo...


Mi dicevano che il tempo
guarisce ogni cosa, 
persino il dolore dell'anima.
Così ho esposto allo sguardo dei giorni
la mia carne piena di cicatrici
e il respiro ho messo nelle mani del vento
per potermi sollevare e ridarmi fiducia.
Mi dicevano che il tempo
sana anche la malinconia
e cancella il male dal volto
e guida verso la giusta via
chi, come noi, si è perso.
Io sono ancora qui, 
e vago negli spazi angusti del vivere
e le ferite inflitte dal gelo altrui
rimangono voragini di urla taciute.
Mi dicevano che il tempo
guarisce ogni cosa.
Ma forse il tempo da qui
non è mai passato.


Nadezhda Georgieva Slavova 



II classificata al 3° Concorso Nazionale di Poesia "Leivi 2016" Città dell'olio