mercoledì 24 aprile 2013

Le donne partigiane


"La Resistenza, per quanto grande potesse essere il coraggio degli uomini, non sarebbe stata possibile senza le donne; la loro funzione è stata meno appariscente, ma non meno essenziale.
Né vi è alcun confronto possibile con la partecipazione delle donne alle lotte del risorgimento e alle guerre per l'indipendenza nazionale. Si trattò allora, fatta eccezione per le giornate insurrezionali cittadine e delle rivolte popolari, di poche elette, di fulgidi esempi ma non di fenomeno di massa.
Caratteristica fondamentale della resistenza femminile che fu uno degli elementi più vitali della guerra di liberazione è proprio questo suo carattere collettivo, quasi anonimo, questo suo avere per protagoniste non alcune creature eccezionali, ma vaste masse appartenenti ai più diversi strati della popolazione, questo suo nascere non dalla volontà di poche, ma dalla iniziativa spontanea di molte. 

I primi corrieri e informatori partigiani furono le donne. Inizialmente portavano assieme agli aiuti in viveri e indumenti le notizie da casa e le informazioni sui movimenti del nemico. Ben presto questo lavoro spontaneo venne organizzato, ed ogni distaccamento si creò le proprie staffette, che si specializzarono nel fare la spola tra i centri abitati e i comandi delle unità partigiane.

Le staffette costituirono un ingranaggio importante della complessa macchina dell'esercito partigiano. Senza i collegamenti assicurati dalle staffette le direttive sarebbero rimaste lettera morta, gli aiuti, gli ordini, le informazioni non sarebbero arrivati nelle diverse zone. Delicato e duro, quasi sempre pericoloso era il loro lavoro; anche quando non attraversavano le linee durante il combattimento, sotto il fuoco del nemico, dovevano con materiale pericoloso, talvolta ingombrante, salire per le scoscese pendici dei monti, attraversare torrenti, percorrere centinaia di chilometri in bicicletta o in camion, spesso a piedi, non di rado sotto la pioggia e l'infuriare del vento. Pigiata in un treno, serrata tra le assi sconnesse di un carro bestiame, la staffetta trascorreva lunghe ore, costretta sovente a passare a notte nelle stazioni o in aperta campagna sfidando i pericoli dei bombardamenti e del tedesco in agguato.

Spesso dovevano precedere i fascisti che salivano, per avvertire in tempo i nostri, e talvolta restavano coinvolte nel rastrellamento. Dopo i combattimenti non sempre i partigiani in ritirata potevano trascinarsi dietro i colpiti gravemente. Se c'era un ferito da nascondere rimaneva la staffetta a vegliarlo, a prestargli le cure necessarie, a cercargli il medico, a organizzare il suo ricovero in clinica. Non di rado, dopo la battaglia, la staffetta restava sul posto nel paese occupato, per conoscere le mosse del nemico e far pervenire le informazioni ai comandi partigiani. Durante le marce di trasferimento erano all'avanguardia: quando l'unità partigiana arrivava in prossimità di un centro abitato, la staffetta per prima entrava in paese per sincerarsi se vi fossero forze nemiche e quante, se fosse possibile o meno alla colonna partigiana proseguire. Durante le soste di pernottamento e di riposo le staffette andavano nell'abitato in cerca di viveri, di medicinali e di quant'altro occorreva. Infaticabili, sempre in moto notte e giorno per stabilire un collegamento, ricercare informazioni, portare un ordine, trasmettere una direttiva; spesso nella piccola busta che la staffetta nascondeva in seno vi era la salvezza, la vita o la morte di centinaia di uomini".

da Secchia, Moscatelli, Il Monterosa è sceso a Milano, G. Einaudi Editore, Torino, 1958, pp.. 603-607

giovedì 11 aprile 2013

Sulla scomparsa dell'humus

Humus 
(foto presa dal web)

Un tempo, trascurando gli effetti a lungo termine delle nostre azioni, determinavamo minori conseguenze. Oggi, grazie alla scienza e alla tecnologia, siamo in grado di produrre enormi benefici o di causare i danni peggiori. La minaccia delle armi nucleari e la capacità dell'uomo di danneggiare l'ambiente sono quanto meno allarmanti. Ma altri cambiamenti quasi impercettibili - penso all'impoverimento delle risorse naturali, in particolare alla scomparsa dell'humus - sono forse ancora più perniciose. Perché, quando cominceremo ad avvertire le ripercussioni, sarà troppo tardi.

Samsara, Dalai Lama, Oscar Mondadori, Milano, 2009, pag.61