mercoledì 11 febbraio 2015

Io credo nell'inferno, quello vissuto in terra

Se un amico manda una mail, a te e a qualcun altro a cui teneva far leggere un certo articolo, ebbene, oltre alla gratitudine per il pensiero e alla lettura tempestiva del contenuto, può anche sorgere spontanea l'idea di farne un post, da condividere con chiunque abbia voglia di leggerlo.
Grazie Marco.


Vi faccio partecipi di questo articolo che mi è piaciuto molto. 
Saluti, marlor58

Cosa può dire del Paradiso un onesto pagano quale mi considero? Io non credo nel Paradiso. Credo nell'Inferno. In terra. L'uomo è l'unico essere del Creato ad essere lucidamente consapevole della propria fine. Tutto ciò che hai vissuto, amato, conosciuto, visto, ascoltato, letto svanisce di colpo nel nulla, lo spaventoso Nulla. Penso che se ci fosse davvero Qualcuno che ha creato questa favoletta tragica sarebbe un sadico. E Baudelaire dice: «L'unica scusante di Dio è di non esistere». Credo che tutte le religioni siano nate dall'esigenza di rimuovere questa consapevolezza intollerabile della fine. Non c'è popolo e cultura nella Storia che non abbia un Dio, una religione, un culto o comunque un'idea del metafisico. Persino il buddismo trova il suo paradiso nel Nirvana, cioè nel totale annullamento dell'individuo e della sua coscienza. Ma anche un pensiero così apparentemente pessimista contiene in sé l'idea di un dopo, raggiunto attraverso la peregrinazione in vari stadi dell'umano. Anche i Romani che, a livello di elites colte, erano assolutamente pagani, avevano un'idea dell'immortalità che era data dalla Gloria che a differenza del successo, che riguarda il presente ed è, insieme al Dio quattrino, uno degli idoli dell'età contemporanea, si proietta nel futuro. E certamente Dante o Beethoven vivono, a distanza di secoli, in noi che stiamo vivendo. Ma loro sono morti, irrimediabilmente, radicalmente morti e non possono sapere, dai sarcofaghi in cui sono custodite le loro ossa, che vivono ancora nella mente degli altri.
Per la verità, secondo il rumeno Mircea Eliade, il più grande studioso delle religioni, c'è un popolo che non ha né Iddii né culti: sono gli indigeni delle Isole Andemane, le cui origini sono antichissime. In tempi remotissimi avevano anche loro un dio, che si chiamava Peluga, ma essendosi accorti che se ne strafotteva bellamente di loro, lo hanno rimosso e completamente dimenticato. Ciò non gli ha impedito di vivere felici e contenti. Ma qui risaliamo all'infanzia dell'umanità. E non è un caso che tutti gli autori laici che mi hanno preceduto, a cominciare da Dario Fo, con quel suo splendido e poetico racconto (anch'io, pur avendo una ventina d'anni meno di lui, ho un magico ricordo di noi ragazzini che all'alba, quando rientravano i pescatori, reggevamo le loro reti, non sul lago, come Dario, ma sulle rive di qualche paesino della Liguria) quando pensano a un paradiso in terra si rifanno alla loro infanzia, in quel mondo sognante e fatato dove distanze, cose, uomini, tempo si dilatano a dimensioni oniriche e vaghe e tutto è immerso in un'atmosfera magica. Perché non abbiamo ancora una cognizione precisa del mondo, dei suoi confini, delle sue dimensioni, dei luoghi, delle cose, dei fatti, della loro successione, del rapporto fra spazio e tempo. E tutto ci appare incerto e incantato. Alle nostre spalle non ha fatto ancora la sua comparsa quel tremendo occhio - la consapevolezza - che ci guarda vivere. Viviamo e basta. Ed è forse proprio perché, nel mio caso, quell'occhio ha preso ad osservarmi fin dall'inizio, togliendomi l'innocenza, che volevo, disperatamente volevo, rimanere nell'inconsapevolezza dell'infanzia pur avendola in realtà già perduta. Perché una cosa è veramente magica solo quando non si sa che lo è. Eppure nonostante questa contraddizione e tensione estreme ho avuto un'infanzia e un'adolescenza felici (il mio personalissimo paradiso) anche se insidiate e rese inquiete dalla coscienza che sarebbero finite. Credo che in tutti i bambini ci sia, sia pur per qualche attimo subito dimenticato fra i giochi, ma ricorrente, questa inquietudine. Così almeno canta Marisa Sannia: «C'è una casa bianca che, che mai più io scorderò/mi rimane dentro il cuore con la mia gioventù/Era tanto tempo fa/ero bimba e di dolore io piangevo nel mio cuore/non volevo entrare in là/Tutti i bimbi come me hanno qualche cosa che di terror li fa tremare/e non sanno che cos'è/Quella casa bianca che non vorrebbero lasciare è la loro gioventù che mai più ritornerà/Tutti i bimbi come me hanno qualche cosa che di terror li fa tremar e non sanno che cos'è/E' la bianca casa che mai più io scorderò/Mi rimane dentro il cuore con la mia gioventù che mai più ritornerà/ritornerà».

Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 9 febbraio, 2015


giovedì 5 febbraio 2015

U filtru


Per capire esattamente che cosa fosse questa particolare costruzione, che i miei occhi hanno visto sin da quando ero bambina, ho aspettato più di cinquant'anni. La vedevo sempre, quando andavo a Sasso di Bordighera, con i miei genitori, a trovare i miei zii, anzi, l'oggetto misterioso si trovava nelle vicinanze della loro abitazione, in mezzo ad una fascia di rose. Ricordo che mio padre mi disse che era un pozzo, ma quella forma mi incuriosiva ed io abbinavo all'idea del pozzo anche un riferimento religioso, come se si trattasse di una edicola o di una cappelletta.


Dalla strada provinciale non si nota più come una volta: un ulivo davanti ne copre la presenza e la fascia di rose di un tempo si è trasformata nel lindo giardino di una villa. La curiosità di sapere che cosa esattamente sia questa costruzione è stata però esaudita da Giacomino: trattasi de u filtru. All'interno di questa cupola passa una serpentina abbastanza grossa, piena di pietre, che avevano la funzione di "filtrare" l'acqua dalle impurità più grossolane, al fine di arrivare più pulita possibile al paese sottostante, Borghetto San Nicolò. Sulla destra c'è un accesso che nella fotografia non si nota molto bene: era un passaggio per accedere all'interno e provvedere alla manutenzione e al funzionamento della serpentina.
Non ne ho mai visto altri. Adesso so esattamente che cos'è, ma in me rimane sempre vivo il ricordo di averla osservata ogni volta che passavo di lì e di aver liberamente fantasticato  su quell'oggetto misterioso.


lunedì 2 febbraio 2015

Modì


Pisa ospita Modigliani e i suoi amici: nella splendida cornice di Palazzo Blu, un'altra mostra di alto livello attira visitatori da ogni dove, tra cui anche il gruppo dell'Associazione culturale A Cria. Due anni fa Picasso, oggi Modì.



I nudi di Modigliani erano una delle maggiori aspettative, ma c'è un solo quadro, tuttavia sufficientemente rappresentativo. Largo spazio viene invece dato ai disegni ed ai ritratti.

Dédie

Il ritratto... io lo adoro e nel vedere questa mostra ho avuto di che deliziarmi. 

 Modot

Più di tutto mi rendeva estatica vedere quale capacità espressiva traspariva dai volti dei quadri di Modigliani, disegnati con tratti leggeri, forme senza proporzione, occhi senza pupille, colori delicati: geniale.

Paul Guillame

Vedere un volto e riconoscere in esso tratti della personalità di soggetti che appartengono alla propria vita...

Nudo seduto

...ammettendo a se stessi che il tempo e le epoche sono variabili relative, in quanto "l'essere è senza tempo".

 L'apprendista

E commuoversi davanti a L'apprendista, perdendosi nella tenerezza delle sue gote rosee e nella sua espressione perplessa. Una piccola bocca capace di tanta espressività: che meraviglia...

 Jeanne Hebuterne

Ogni ritratto una storia, del soggetto rappresentato e di chi è ad esso assimilabile, quasi un gioco per dare spazio ed accettazione ad ogni individuo in quanto tale. 
E sentire che l'anima è viva.

 Chaim Soutine

Assieme ai quadri di Modì, si incontrano molte opere di autori suoi amici, persone con cui ha condiviso la vita e la sua arte: Soutine, Derain, Picasso, Chagall, Léger... che rafforzano il significato e la pienezza sia della mostra stessa, sia dell'esistenza dell'artista.

 Amedeo Modigliani

Il maudit, l'artista maledetto per antonomasia. sospeso tra genialità e trasgressione, il bellissimo dandy dai tanti amori continua a esercitare un incantevole fascino su chiunque si avvicini al suo mondo.
E, avvicinandosi, scoprirne la reale grandezza.