Medaglia d'oro a Mario Genari, partigiano Fernandel
Il 25 aprile, in Prefettura ad Imperia, sono state assegnate 63 medaglie d'oro a coloro che si sono distinti durante la Resistenza. Anche Mario Genari, partigiano Fernandel, è stato insignito di questo importante riconoscimento, ma dall'agosto scorso egli non è più tra noi e i figli Antonietta e Giorgio hanno ritirato l'onorificenza.
Antonietta Genari ritira la medaglia d'oro della Liberazione
Per ricordarlo, riporto alcuni passi tratti dal libro Le radici di un percorso. Associazionismo e cooperativismo in provincia di Imperia in cui raccolsi la sua memoria:
"Il 1942 fu un anno decisivo e di forte svolta: in Africa e nella campagna di Russia erano solo bastonate; la mancanza di prodotti alimentari e di beni di prima necessità, come vestiti, scarpe, gomme per le biciclette, prodotti indispensabili per l’agricoltura si accentuavano, al punto che i contadini mettevano le monete di rame nell’acido muriatico, aggiungevano calce e ottenevano la poltiglia bordolese utilizzata come verderame da poter dare alle viti. La crisi alimentare colpiva particolarmente le zone urbane, per cui l’esasperazione della gente cresceva in modo esponenziale: si sentiva gridare, protestare anche se c’era la dittatura. Lo spettro della fame e l’assenza degli uomini nelle famiglie (i nativi dal 1910 al 1920 erano tutti reclutati) diventarono elementi sufficienti affinché le coscienze diventassero consapevoli dello stato delle cose".
Mario Genari ed un amico partigiano a Montegrande
"La popolazione nutriva una forte avversione per la guerra. Quando qualcuno era reclutato, gli amici gli consigliavano di non esporsi, di fare il possibile per salvarsi dall’andare in guerra. Questi consigli erano la regola che comunemente seguiva la gente dell’entroterra, anche coloro che simpatizzavano per il fascismo. Era un sentimento che già aleggiava nel 1940, benché l’ipotesi di perdere non ci fosse, dato che l’esercito tedesco aveva fatto capitolare la Francia, invaso i Paesi dell’Europa dell’Est e stava puntando su Mosca e Stalingrado: mezza Europa era sotto il dominio nazista. La ricerca di raccomandazioni per evitare di andare a combattere era largamente diffusa: chi conosceva graduati non esitava a chiedere di essere riformato, così come la richiesta di certificati medici che evidenziavano difetti fisici era uti
lizzata allo stesso scopo. Anche tra i caporioni fascisti era diffuso il tentativo di evitare la guerra, imboscandosi negli uffici o nei ruoli più svariati".
"Alcune popolazioni contadine dimostrarono una grande collaborazione con i partigiani, altri paesi meno. Tra i componenti delle formazioni partigiane e i vari comandi vi erano persone motivate da ideali politico-sociali; altri che fecero le prime esperienze di un movimento collettivo, finalizzato a porre fine alla guerra, ed altri ancora che ne approfittarono per sfuggire al reclutamento. C’era l’organizzazione militare e c’era pure un volontariato locale che dava un contributo di informazioni e di difesa. Tuttavia la collaborazione del mondo rurale fu fondamentale: ad esempio, quando un partigiano doveva spostarsi da un luogo all’altro e non sapeva se avrebbe potuto incontrare i tedeschi, qualsiasi cittadino incontrato sulla propria strada rilasciava sempre informazioni a favore del partigiano. Quel mutuo rispetto fu qualcosa che portò frutti anche dopo la guerra, quando la necessità di organizzarsi vide accrescere la credibilità delle associazioni di sinistra".
E riporto anche la mia riflessione che scrissi alla fine del suo racconto riguardante il capitolo dedicato alla Resistenza:
"Da questa pagina di storia, voluta dalla
gente e non dal potere, sono state educate intere generazioni all’antifasciamo.
Era naturale ricevere quel messaggio, era scontato difendersi da quei principi,
anzi si cresceva pensando che era un capitolo chiuso, che «nessuno poteva più
pensare o agire in quel modo». Il fascismo era stato annientato, la lotta
partigiana aveva liberato l’Italia dal male e le divergenze politiche
riguardavano solo le sinistre e la Democrazia Cristiana… Quanto abbiamo fatto
male i conti! Nell’arco di cinquant’anni si sono avvicendate le ideologie tra
nascite, rinascite e dissoluzioni in una complessità che soltanto il senno di
poi ci permetterà di capirne i perché con maggior chiarezza. Una cosa tuttavia
mi appare chiara nell’immediato: terreno fertile al rinascere del fascismo è la
caduta dei valori, dell’etica, che si crea per un insieme di meccanismi
socio-politico-economici e che espropria l’uomo sia di credo che di forze,
perchè rinascono le destre quando l’uomo è annichilito.
Ed io, nata alla fine degli anni Cinquanta,
ho un pensiero di tutto rispetto per coloro che hanno combattuto in prima
persona per quella causa e mi sento anche responsabile di non aver saputo difendere
il loro operato. Mi perdonino e sappiano che ne ho consapevolezza".
Mario Genari, compagno, partigiano, cooperatore, sindacalista, padre, amico, sempre dalla parte dei deboli, sempre umile e lucidissimo.
Una medaglia d'oro meritatissima.