Oggi
ricorre il 75° anniversario della Liberazione dalla barbarie nazi-fascista.
In un contesto surreale, nel silenzio delle piazze, nel confino di ogni cittadino nella propria abitazione, soltanto una persona che rappresenti l’autorità e un rappresentante dell'ANPI sono delegate a celebrare il rito: una condizione senza dubbio anomala dettata da circostanze eccezionali.
In questo giorno di Festa della Liberazione sorge spontanea la riflessione su ciò che rappresenta la libertà, essendone ognuno di noi temporaneamente privo. Possono essere diversi i motivi che la impediscono, ma non la sostanza: il bene che essa rappresenta mai come ora può essere riconosciuto e capito. Pur essendo la causa una forza maggiore non determinata dall’oppressione dell’uomo sul proprio fratello, ma una contingenza epidemica, nessuno dei viventi ha mai assistito ad una simile situazione, che semina morte, malattia, dolore e paura.
In particolare la morte di molti anziani, prime vittime di questo scempio, è anche morte della memoria, perdita della testimonianza della storia, quella di cui sono stati protagonisti. Sono uomini e donne che hanno contribuito sia a porre fine alla ferocia del nazi-fascismo che imperversava nel Paese, sia alla ricostruzione, con coraggio, speranza e fatica affinché noi, i loro figli, potessimo vivere in un mondo migliore.
E in quel mondo di benessere, di cui non siamo stati i giusti paladini, abusandone in tutti i modi, l’emergenza coronavirus ci mostra il rischio della deriva sociale ed economica: oggi in prima linea, a liberarci dal male, sono i camici bianchi, ovvero il personale sanitario in tutte le sue stratificazioni. Sono i partigiani del presente, così come 75 anni fa i partigiani della Resistenza non avevano alternativa alcuna per poter salvare il Paese e lottarono per traghettarlo verso la democrazia e la libertà, i valori più preziosi della comune convivenza di un popolo.
Ora
e sempre Resistenza contro qualsiasi male che affligga l’umanità.