martedì 28 febbraio 2012

L'importanza della floricoltura

Collina dirimpetto Vallebona
con ginestre e mimose in fiore

Il territorio ligure è suddiviso sostanzialmente in tre fasce: la costa, la mezza costa e l'entroterra vero e proprio. Un tempo i paesi più floridi erano quelli più interni, perché l'olivicoltura e la montagna erano fonte di vita, seppure fosse tanta la fatica. Nel dopoguerra le cose cambiarono e gli abitanti di quei paesi furono in gran parte costretti a emigrare all'estero, a trasferirsi sulla costa o a trovare impiego presso enti pubblici, come le Ferrovie dello stato, le Poste o la Provincia, in qualità di cantonieri.
Nelle zone costiere e di mezza costa, invece, quel fenomeno fu più contenuto, perché il clima mite permise di trasformare buona parte degli oliveti e dei vigneti in coltivazioni floricole, che già si erano parzialmente insediate da alcuni decenni. Lo sviluppo fu notevole e i fiori coltivati a Sanremo, per lungo tempo, rappresentavano l'80% della produzione mondiale. L'impatto sul territorio fu pesante soprattutto sulla costa, dove le serre di rose, garofani e altro ricoprivano quasi interamente le colline prospicenti il mare.
Demonizzata per le serre, per l'utilizzo dei fitofarmaci, per l'aver soppiantato le antiche colture più tradizionali, per aver costruito nelle campagne le comode abitazioni rurali (oggi all'urbano!) per svolgere l'attività, la floricoltura da anni vive una seria crisi: i prezzi non sono più remunerativi e le incertezze aumentano di ora in ora. 
Questa lunga e al tempo stesso sintetica premessa era necessaria per poter esprimere alcune considerazioni. In generale, in agricoltura l'80% degli andamenti sono da attribuirsi alla meteorologia ed è pur vero che gli squilibri del tempo che il pianeta vive si ripercuotono negativamente sull'attività, floricoltura inclusa. La crisi di sistema che stiamo attraversando, poi, di certo non aiuta e le malsane politiche di mercato contribuiscono a peggiorare la situazione. Tuttavia il clima di rigore del governo tecnico induce ad un confronto con il periodo che lo ha preceduto, perché ci stiamo rendendo conto che fino a pochi mesi fa avevamo completamente perso il senso della realtà: non si riusciva più ad essere presenti, una sorta di distrazione o distacco aveva la meglio e dominava un atteggiamento di grande dispersione. Al di là della temuta tassazione che il governo sta provando ad imporci, aleggia ora un senso di rinascita, una voglia di fare, di rimettere in riga le coltivazioni, per ridare il giusto senso alla nostra realtà. Le serre sono pressoché sparite, ridando respiro a molte zone, le colline fiorite che vediamo durante l'intero periodo invernale sono una singolare risorsa di cui noi stessi siamo i primi beneficiari: i fiori sono un dono speciale della natura e la terra è madre anche per tanti altri generi di autoconsumo. E poi ci sono parecchi giovani "grintosi" ed appassionati che hanno scelto con coraggio questa attività, organizzandosi nell'ANGA (ass. nazionale giovani agricoltori): si danno da fare, cercano soluzioni, si incontrano con gruppi similari di altre regioni per confrontarsi e far conoscere la loro realtà. 
In un momento così difficile a tutte le latitudini, è prezioso avvertire un senso di apprezzamento di quel che ci appartiene: è amore per il proprio lavoro, per la propria terra ed un freno ad uno dei mali peggiori che affligge la Liguria, ovvero la cementificazione. La fatica continua ad essere una costante così come l'incertezza, ma un pò di fiducia e di spirito costruttivo possono ancora essere elementi sostanziali per ridare impulso e sopravvivenza ad un settore che tanto beneficio ha dato, da oltre cento anni, a questa affascinante Riviera dei Fiori.


4 commenti:

Lara ha detto...

Infatti hai ragione, Pia.
Eravamo e siamo ancora famosi per il nostro paesaggio, la floricoltura, il patrimonio artistico.
La cementificazione e l'indifferenza del nostro popolo stanno rovinando tutto.
Sto attraversando una fase acuta di pessimismo, mi sembra che l'Italia stia andando a rotoli e che tutti si stia guardare come inebetiti.
Ciao Pia, e scusami il momento di sconforto.
Lara

MarLor58 ha detto...

La penso come Lara, cementificazione ed indifferenza hanno stravolto il nostro territorio.
Con l'arricchimento di pochi ed il mancato rispetto, anzi con l'offesa vera e propria, dei più e dell'ambiente:(
Un sincero in bocca al lupo ai floricoltori/ulivicoltori che - a denti stretti - resistono.

Anonimo ha detto...

Avevo già messo qualche considerazione nel merito 1 anno fa, ma nessuno ha risposto ...
La "globalizzazione" ha rovinato le economie locali ed i fori essendo un bene voluttuario ne ha sofferto molto più che altri comparti. I dati della camera di commercio relativi all'agricoltura 2011 parlano chiaro ... crollo delle attività !
Si produce in Colombia, si esporta in Olanda con un bel marchio "fiori olandesi" e poi si rivende della "merda" che dura 2 giorni, negli hard discount e nei negozi.
Al contrario di molti paesi extra-comunitari, gli accordi GATT nel settore non hanno più previsto dazi doganali quale applicazione di "clausole di salvaguardia" a favore delle economie locali ...
Avrei da dire molto sull'argomento, ormai ho perso la voce ... e pure la voglia ...

Anonimo ha detto...

produrre fiori in quantità enorme è una realtà da terzo mondo, tanto prodotto sprecato, meglio un lavoro sulla pianta del fiore, e sul paesaggio, in modo da far venire qui le persone per vedere le mimose in fiore e non vendere un rametto che dura 2 ore...ma si sa, le logiche del mercato globale, dei paperoni del cemento che devono fare porti ovunque ( qualcuno in questi giorni ha il batticuore ) e se ne fregano di rovinare per sempre la nostra bella regione!!!