E di quell'infanzia
io ti ringrazio, vita.
Mio padre Franco, Anita
mia madre, giovani e insieme
e io creato dal seme
di lui nel grembo di lei
che crescevo ora unico, indivisible
e nell'appartamento
simile a un labirinto
in via Carducci 3
li credevo felici
- lo erano per me.
Quanta angoscia segreta
e strana, quanta passione
per maschere e burattini
per le battaglie dei soldatini
di piombo e di terracotta
quante tavole astronomiche
libri illustrati, atlanti
quanta solitudine, e quanti
compagni mi hai dato allora,
mia vita, tanti
che non ne so più i nomi.
Tutto era gioco, e in credito
ero con te e col tempo.
Ancora adesso lo sento
il vento che al tramonto
sfidavo a gara, l'amico
più festoso, più antico.
E io correvo più forte.
Stelle, finestre, notte.
Quanto terrore di tutto
e quanto lontana la morte.
Giuseppe Conte - Imperia Porto Maurizio, 1945
2 commenti:
bella
Una bella ode all'infanzia, a ciò che di più puro c'è. Persino i sogni sono candidi e il loro ricordo forse è il segreto per rimanere onesti.
Visti i tempi non è poco :)
Lorenzo
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