Testo pubblicato in data odierna su La Riviera, a mia firma: senza rabbia, né rancori, ma con disappunto e dispiacere. Il titolo che riporta il giornale "Il comune ha svenduto il nostro passato" non è una mia frase. Per me il titolo è quello che ho dato a questo post.
Vallebona - Vico Forno
Il Comune di Vallebona non ha in dotazione un grande patrimonio immobiliare ed è un peccato dover assistere alla vendita di parte di quel poco che possiede. Tuttavia ciò è accaduto e, nello specifico, ai locali delle ex docce pubbliche e dell’ex forno comunale, due stanze una sopra all’altra, ma con entrate autonome sull’incrocio di due diversi vicoli.
Senza nostalgia o reminescenza
del tempo che fu, quei locali avevano a suo tempo offerto opportunità e servizi
per la collettività e, benché fossero da molto tempo in disuso e dunque
bisognosi di restauro, ci si stupisce di come sia potuta sorgere l’idea di
venderli.
La cifra, 43.000 €, meno di 1.000
euro al mq., non era poi così
significativa da permettere di risolvere chissà quale annoso problema economico
e quei locali avrebbero potuto dare ancora delle possibilità alla collettività
se solo si fosse pensato a come destinarli.
In un'epoca in cui ci si avvale di micro-economie per sopravvivere
ad una floricoltura agonizzante, sarebbe stato opportuno valutare il restauro e
l’insediamento di una cucina a norma in una stanza e una linea di
imbottigliamento dell’olio, delle salamoie e di altre conserve nell’altra. Il
cibo, oggetto di Expo 2015, è uno degli argomenti più importanti del momento e
un paese agricolo non può prescindere dalle sue potenzialità.
Con un prodotto di nicchia come
L’acqua di fior d’arancio amaro, che è già presidio Slowfood e pubblicizzato ad
ogni manifestazione nazionale di rilievo (vedi Salone del gusto di Torino, per
citarne uno recente); con una ricetta di ravioli elaborata dalla Pro Loco, che
ha dato lustro e fama al paese grazie alla sagre; con un’intera generazione di
ragazzi che ha frequentato la scuola alberghiera; con la ristorazione che
settimanalmente garantisce il flusso di almeno un centinaio di persone in bassa
stagione, come non si è potuto pensare che esistessero già significativi presupposti per
andare in una certa direzione?
Scuole di cucina per i turisti,
laboratori per i bambini, possibilità alle persone con turni prenotati di
cucinare piatti dolci o salati in ambienti idonei e in regola… il tutto nel
cuore del paese, laddove un tempo pulsava la vita della comunità e che ora è
terribilmente spenta.
Immagino già le obiezioni: c’è
poco spazio, non ci sono soldi, non interessa a nessuno. E invece il problema è
un altro: quello che manca è la politica
della comunità, una visione finalizzata a dare impulsi affinché il “bel paese”
esca da quell’apparenza sterile e trovi forme di vita e, di conseguenza, di economia,
con idee e progetti presumibilmente finanziabili da parte della Comunità Europea.
Mi stupisce infine il fatto che
tutte queste cose il vice-sindaco le sapesse, in seguito ad un incontro post
elettorale avvenuto a giugno con i rappresentanti degli enti che operano nel
paese. Gli era stato detto questo ed altro, tutti elementi che avrebbero dovuto
essere analizzati al fine di fare veramente una politica tangibile per la
comunità. Ed invece picche.
Il mio modo di essere, che non può scindere il cuore dalla ragione,
reagisce a questo evento con disappunto e con profondo dispiacere. Nulla da
ridire sull’acquirente, anzi, è una persona di tutto rispetto, il problema è un altro. Il problema è che la storia non si vende, la storia si fa.
2 commenti:
La tua analisi non fa una grinza. Le Amministrazioni Comunali spesso sono miopi e dimenticano il ruolo sociale che devono perseguire salvaguardando e valorizzando il patrimonio esistente.
Un vero peccato. La politica dovrebbe sempre saper guardare al futuro. Da quanto scrivi, la vera politica, nel senso nobile del termine, sei tu.
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