Malipiero editore
Nel 1990, durante una trasmissione
televisiva sulla Romania, dove la vita stava lentamente tornando alla normalità
dopo i rivolgimenti politici del dicembre 1989, fra l’altro si poteva vedere un
cartello esposto nella vetrine di un negozio di alimentari con la scritta Miere de albine, miele di api. Ce n’era
quanto basta per insospettire chi va a caccia di parole nostre, poiché arbinà è una vecchia conoscenza del
dialetto ligure nel quale ha sempre significato alveare, dal latino medievale albinarius, arnia.
E così, rastrellando
pazientemente il Dizionario
romeno-italiano di Balac-Façon-Petronio (Malipiero editore, 1984) non si
può fare a meno di scoprire altre insospettate quanto piacevoli parentele
linguistiche. Che, in Romania, isola neolatina nel gran mare slavo, si parli
una lingua affine all’italiano è risaputo, ma forse non tutti sanno che certe
parole rumene ricordano assai da vicino il nostro dialetto, appartenente anch’esso
alla grande famiglia delle lingue romanze.
E, fra gli esempi che saltano fuori
ad piè sospinto, ecco ascunde nascondere,
barricada steccato, bumbac cotone, che richiama il nostro bumbaixu, bambagia, stoppino per i lumi
ad olio, cabana capanna e cadastru perfettamente identico al
termine dialettale con cui noi indichiamo il catasto. Sempre sfogliando le
pagine del vocabolario rumeno, ci imbattiamo ancora in descusut scucito, dezlegà
slegare, fidea i nostri familiari fidei da mettere nella minestra, e così
di seguito fino a orb cieco, piersic pesco, rumegà ruminare, stranut starnuto,
timpuriu precoce, ed infine spiterie farmacia, parente stretta della
nostra antica speçiaria.
Ma le sorprese non sono ancora
terminate perché, nel rumeno, a partire dal secolo scorso, sono entrate un’infinità
di parole francesi, molte delle quali, data la nostra vicinanza con i cugini d’oltralpe,
si ritrovano pari pari nel dialetto ligure. Come, ad esempio, buchet mazzetto di fiori, criun matita, debit rivendita di generi di monopolio, escamotà frodare, grimasa
smorfia, marchiza tettoria a vetri, plafon soffitto, rebut rifiuto. Insomma, se è vero che, per un italiano, farsi capire
in Romania è relativamente facile, per chi conosce il francese e, per giunta,
anche il dialetto, le possibilità di comunicare con gli abitanti di questo
paese aumentano considerevolmente.
Renzo Villa, Dialetto
ieri e oggi, Alzani editore, Pinerolo, 1996, pag 30