domenica 26 febbraio 2017

Romania a pochi passi

Malipiero editore

Nel 1990, durante una trasmissione televisiva sulla Romania, dove la vita stava lentamente tornando alla normalità dopo i rivolgimenti politici del dicembre 1989, fra l’altro si poteva vedere un cartello esposto nella vetrine di un negozio di alimentari con la scritta Miere de albine, miele di api. Ce n’era quanto basta per insospettire chi va a caccia di parole nostre, poiché arbinà è una vecchia conoscenza del dialetto ligure nel quale ha sempre significato alveare, dal latino medievale albinarius, arnia.
E così, rastrellando pazientemente il Dizionario romeno-italiano di Balac-Façon-Petronio (Malipiero editore, 1984) non si può fare a meno di scoprire altre insospettate quanto piacevoli parentele linguistiche. Che, in Romania, isola neolatina nel gran mare slavo, si parli una lingua affine all’italiano è risaputo, ma forse non tutti sanno che certe parole rumene ricordano assai da vicino il nostro dialetto, appartenente anch’esso alla grande famiglia delle lingue romanze.
E, fra gli esempi che saltano fuori ad piè sospinto, ecco ascunde nascondere, barricada steccato, bumbac cotone, che richiama il nostro bumbaixu, bambagia, stoppino per i lumi ad olio, cabana capanna e cadastru perfettamente identico al termine dialettale con cui noi indichiamo il catasto. Sempre sfogliando le pagine del vocabolario rumeno, ci imbattiamo ancora in descusut scucito, dezlegà slegare, fidea i nostri familiari fidei da mettere nella minestra, e così di seguito fino a orb cieco, piersic pesco, rumegà ruminare, stranut starnuto, timpuriu precoce, ed infine spiterie farmacia, parente stretta della nostra antica speçiaria.
Ma le sorprese non sono ancora terminate perché, nel rumeno, a partire dal secolo scorso, sono entrate un’infinità di parole francesi, molte delle quali, data la nostra vicinanza con i cugini d’oltralpe, si ritrovano pari pari nel dialetto ligure. Come, ad esempio, buchet mazzetto di fiori, criun matita, debit rivendita di generi di monopolio, escamotà frodare, grimasa smorfia, marchiza tettoria a vetri, plafon soffitto, rebut rifiuto. Insomma, se è vero che, per un italiano, farsi capire in Romania è relativamente facile, per chi conosce il francese e, per giunta, anche il dialetto, le possibilità di comunicare con gli abitanti di questo paese aumentano considerevolmente.


Renzo Villa, Dialetto ieri e oggi, Alzani editore, Pinerolo, 1996, pag 30


1 commento:

ojagabor ha detto...

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