Giuseppe Yusuf Conte (1945)
"Ricopiato da un taccuino che tengo in tasca in
viaggio:
Io mi ribello, non è giusto:
che al
progressivo arricchimento di pochi protagonisti della finanza
globale sia proporzionale l’impoverimento di miliardi di
esseri umani , tra cui io
che la globalizzazione spazzi via tutto quello che
è tradizione, passato, appartenenza, sia sul piano spirituale sia sul piano
materiale
che la politica ecologica sia appannaggio della
tecnologia , cioè di quello che ha provocato i danni peggiori alla natura, e la
natura diventi un fatto di tecnocrati e un business, invece che un oggetto
d’amore e di bellezza per tutti gli
uomini del pianeta
che
scompaiono mille mestieri al giorno
e mille negozietti di quartiere, tutto ciò che è umile, concretamente
utile, umano
che proliferino i
grandi centri commerciali, mentre scompaiono o si svuotano cattedrali e
teatri, rendendo i nostri tempi sempre
più amorfi e miserabili
che i robot sostituiscano gli esseri umani ,
deprezzando definitivamente il lavoro, la creatività, la dignità individuale
del lavoratore
che le privatizzazioni siano considerate sempre il
bene assoluto, e che tutto quello che è pubblico e dunque di tutti vada
smantellato
che tecnica, economia, finanza siano
considerate una triade che deve ineluttabilmente dominare il
mondo
che tutto ciò
che appartiene alla sfera dell’anima, del sacro, della bellezza, del
mistero venga spento , e l’uomo sia
ridotto a una dimensione materiale e poi a nulla
che elettronica, rete, social media governino e
scandiscano la vita delle masse, rendendo tutto virtuale , senza corpo, senza
verità, senza divinità, senza vera vita
che venga considerato illegittimo usare energie
insurrezionali per abbattere un potere
ingiusto
che io debba
sottostare all’ignoranza , alla cecità, alla presunzione, alla miseria
spirituale degli uomini del potere economico e politico, senza combatterlo in
nome dell’arte , dell’amore e
dell’umanità".
Parigi, Le Danton, 9-12-2018