lunedì 18 giugno 2012

Del mondo contadino

 
Contadino lucano

"Quando, nei primi giorni, mi capitava di incontrare sul sentiero, fuori dal paese, qualche vecchio contadino, che non mi conosceva ancora, egli si fermava, sul suo asino, per salutarmi e mi chiedeva: - Chi sei? Addò vades? - Passeggio, - rispondevo, - sono un confinato. - Un esiliato? Peccato! Qualcuno a Roma ti ha voluto male -. E non aggiungeva altro, ma rimetteva in moto la sua cavalcatura, guardandomi con un sorriso di compassione fraterna.
Questa fraternità passiva, questo patire insieme, questa rassegnata, solidale, secolare pazienza è il profondo sentimento comune dei contadini, legame non religioso, ma naturale. Essi non hanno, né possono avere, quella che si usa chiamare coscienza politica, perché sono, in tutti i sensi del termine, pagani, non cittadini: gli dèi dello Stato e della città non possono avere culto fra questa argille, dove regna il lupo e l'antico, nero cinghiale, né alcun muro separa il mondo degli uomini da quello delle bestie e degli spiriti, né le fronde degli alberi visibili dalle oscure radici sotterranee. Non possono avere neppure una vera coscienza individuale, dove tutto è legato da influenze reciproche, dove ogni cosa è un potere che agisce insensibilmente, dove non esistono limiti che non siano rotti da un influsso magico. Essi vivono immersi in un mondo che si continua senza determinazioni, dove l'uomo non si distingue dal suo sole, dalla sua bestia, dalla sua malaria: dove non possono esistere la felicità, vagheggiata dai letterati paganeggianti né la speranza, che sono pur sempre dei sentimenti individuali, ma la cupa passività di una natura dolorosa. Ma in essi è vivo il senso umano di un comune destino, e di una comune accettazione. E' un senso, non un atto di coscienza; non si esprime in discorsi o in parole, ma si porta con sé in tutti momenti, in tutti i gesti della vita, in tutti i giorni uguali che si stendono su questi deserti".

Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, Giulio Einaudi Editore, Torino 1945, pag. 78


1 commento:

Gian Paolo ha detto...

Bellissima pagina di Letteratura, dove l'autore si compenetra con l'essere dei contadini, fino a ironizzare sui letterati, sia pure paganeggianti.