domenica 28 febbraio 2010

Eppure ti amo ancora

Oh vita, te ne prego
abbi con me la mano
leggera.
Non accanirti contro chi ti ha amato
tanto e senza ragione,
come sempre chi ama amare deve.
D'ora in avanti scendi neve
sui miei capelli già bianchi
e come il vento l'erba,
accarezza i miei fianchi.
Lascia che si rimarginino
tutte quelle ferite
che tu mi hai procurato
e non aprirne di nuove.
Poiché fa presto sera,
tu leggera, leggera
abbi con me la mano.
Vedi in che stato sono.
Eppure ti amo ancora.
Eppure ti perdono.

Giuseppe Conte (Imperia 1945)

mercoledì 24 febbraio 2010

Vecchi impagabili

Iole, mia mamma

Ogni tanto mia mamma mi chiede se la porto un pò in campagna; ne sente la nostalgia perchè ci ha passato tutta la vita e, benchè mi dia un sostanziale aiuto in magazzino per preparare i fiori e mi segua "a distanza" chiedendomi se nel tale posto ho già provveduto a raccogliere o meno, ormai i suoi 86 anni e mezzo non le permettono più di recarvisi con disinvoltura.

All'opera!

Ho esaudito la sua richiesta, provvedendo a darle un'occupazione tale da farle sentire "utile" il suo sopralluogo: procurandole i debiti attrezzi le ho chiesto di dare una pulita alla strada che attraversa il sito.

L'adocchiamento

Mentre puliva il piano della strada, provvedeva anche a ripristinare l'ordine in tutte le sue componenti: in questa foto adocchia un custu (cespo) d'erba e una scaglia (piccola pietra) per i quali non mi è difficile indovinare la sorte...

...u custu d'erba arancau...
(...il cespo dell'erba sradicato...)

...e a scaglia au so postu!
(...e la piccola pietra al suo posto!)

Quei muri a secco li ha costruiti mio padre con il sacrosanto aiuto di lei, che si era rivelata un'ottima coadiuvante, benchè le sue origini emiliane non contemplassero quella pratica: Dio solo sa quante pietre hanno maneggiato entrambi!

Ora ritorna un pochino indietro per passare sul tratto ripulito con la scopa, portandosi avanti il lavoro gradualmente: prima la fase all'ingrosso e poi quella sul "fino"

Il lavoro in corso d'opera

Sulla sinistra si intravedono le prime ginestre che sono riuscita a potare con un abbondante mese di ritardo provocato dalle frequenti pioggie e da una temperatura piuttosto rigida a causa della quale non era prudenziale dare tagli importanti alle piante: i lavori, così, si sono accumulati e chissà quando ne verremo fuori...
Mia mamma, con la sua volontà, la sua tenacia, la sua semplicità e il suo vivere nel "qui e ora" è una forza straordinaria: non c'è università che sappia insegnare meglio che cos'è la vita di certi "vecchi impagabili".

lunedì 22 febbraio 2010

All'ombra del campanile

Pigna (Im)
La Foto non è di Maria Giovanna Casanova,
ma di Claudia Ferretti!

I borghi medioevali dell'estremo ponente ligure hanno la particolarità di essere molto diversi l'uno dall'altro, a seconda che siano posizionati a fondo valle, a mezza collina oppure su di un crinale e a seconda della conformazione del territorio su cui sono stati costruiti.
Pigna, nella Val Nervia, anticamente era il paese più ricco e quindi più importante della vallata. Il suo declino è iniziato dopo la II guerra mondiale, con la crisi dell'olivicoltura che era l'economia principale. Ne conseguì una massiccia emigrazione verso la vicina Francia, in particolare a Montecarlo, e in Inghilterra.
La neve della scorsa settimana ha reso il panorama assolutamente unico: una pignasca doc ha scattato e messo su facebook questa foto e io gliel'ho prontamente "rubata". Pignasco è pure mio marito, quindi conosco bene il luogo ed i suoi abitanti: insomma, a seconda del paese di provenienza del circondario, ci si identifica e ci si prende volentieri in giro, vivendo una dimensione molto ironica ed estremamente piacevole.
Certo che per i Pignaschi si usa spesso la frase "all'ombra del campanile", perchè danno la sensazione di essere quelli che più di ogni altro difendano la loro appartenenza, retaggio, forse, di una storia che per molto tempo li ha fatti sentire più importanti di tutti.
Vi risulta?


sabato 20 febbraio 2010

La bellezza terrena

Come tutti coloro che ha ferito
il dolore più forte,
quello che stringe alla gola
e ti soffoca senza ragione,
il duro, labirintico
dolore dell'esistere,
il terrore di ogni passo,
come se ci fosse
un baratro ad attenderti
e il senso che sarà finito tutto
di colpo come per un proiettile
di fucile

come tutti coloro che ha ferito
un dolore così
smodatamente ho amato la carne
e cercato il piacere e idolatrato
la bellezza terrena.
Non ho da chiedere perdono a nessuno,
Dio lo sa se sei stato uomo di pena
Giuseppe, per diventare uomo
di gioia, per essere
come sei.

Giuseppe Conte (Imperia 1945)

venerdì 19 febbraio 2010

E' andata...

Sanremo - Coltivazioni di fiori (garofani) - anni Cinquanta

La presentazione, o meglio "l'anteprima" della presentazione, è andata bene ed ero talmente concentrata che... mi sono completamente dimenticata di scattare qualche foto.
L'amico Gian Paolo Lanteri, nei limiti di tempo che aveva a disposizione, ha fatto una bella relazione, che mi ha "rapito", per cui addio fotografie...
Il libro è stato distribuito ai soci Cia presenti per il Congresso regionale, quindi ai rappresentanti le 4 province liguri che, tra la sorpresa e l'apprezzamento, hanno dato un bel segno di accoglienza all'iniziativa.
Mario Genari, lucido come sempre, ha speso un commento sull'operato, ma più che altro è stato grandioso quando ha espresso un suo dissenso su alcune questioni attuali, come a dire che non è venuta meno nè la sua grinta, nè il far valere la sua opinione.
Ero contenta, soddisfatta, anche se l'ultima parola spetta ai lettori.
Più che altro ero onorata di aver potuto raccogliere la memoria di un personaggio come Mario, perchè ogni volta che ci penso "sento qualcosa dentro il petto".

mercoledì 17 febbraio 2010

Le radici di un percorso

Copertina

Ci siamo: giovedì 18 febbraio alle ore 15.00, all'apertura del Congresso della Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) a Genova, ci sarà la presentazione del libro Le radici di un percorso. L'associazionismo agricolo nella provincia di Imperia, che ho scritto raccogliendo la testimonianza-memoria del suo protagonista, Mario Genari (classe 1921).
E' il mio secondo lavoro sull'argomento e non penso sia l'ultimo: ci sono ancora molte cose da dire.

Il mio primo libro

Sono state entrambe due belle esperienze, diverse l'una dall'altra.
Il primo è nato di getto e, nonostante l'intreccio contemporaneo di tre argomenti, non è venuto meno il protagonista, ovvero la ginestra.
Il secondo è stata una ricostruzione di quarant'anni di storia della Cia e della Cooperazione agricola nell'imperiese raccontata dal suo protagonista che, nonostante i suoi 88 anni compiuti, ha una lucidità incredibile; merita pubblicare due foto di quando eravamo in corso d'opera...

Mario Genari

Pia e Mario

Perchè abbiamo scritto questa storia? Perchè la Cia è l'associazione di categoria di centro-sinistra maggioritaria rispetto alla Coldiretti nella cosiddetta "provincia bianca": Imperia è l'unica provincia italiana in cui esiste questa particolarità e il racconto ruota intorno a questo motivo.

Mario Genari

Che bel personaggio, Mario... Anche lui fa parte della mia collezione di anime belle.

lunedì 15 febbraio 2010

Terra poi mai

Che terra è poi mai la Liguria?


E' la terra del se.


Del ma senza conforto,

dell'ulivo contorto,


del muro che cade,

di mille sciarade di onde.


Del cielo che a sera confonde

le nuvole con i miraggi,


dei passaggi di vento lontano

sui profili azzurrati dei poggi.


Che terra è poi mai la Liguria?


E' la gemma staccata dal ramo

che arriva alle sponde,


la foglia in esilio

in un mare di onde.



Marco Scullino (Ventimiglia 1975)


sabato 13 febbraio 2010

L'incontro con...


La serata dei furgari era ormai finita.

Erano le due passate e Paula aveva appena lasciato l’abitazione del Buìn, dopo una cena e una baldoria degne del loro nome.

L’allegria aveva imperversato anche se il vino buono presto era finito e quello che girava sulla tavola non era affatto interessante: piuttosto che bere male, pensò, è meglio non bere.

Martial, il paraguayano, aveva suonato con vigore la sua chitarra per tutta la sera: i ritmi sudamericani sono quelli che meglio di ogni altro si adattano a creare calore e armonia. Ognuno cantava senza nessuna soggezione, trasportato da quel bohèmien che per tutta la vita non aveva fatto altro che suonare e cantare.

Paula salì sulla sua macchina, erano le due passate e sapeva benissimo che rientrare a casa, a quel punto, era logico e doveroso. Girò attorno alla chiesa dei domenicani, attraversò la piazzetta in cui ardeva ancora il falò e notò alcuni ragazzi intenti a cuocersi alcune rostelle sulla brace.

Appena finita la discesa avrebbe dovuto svoltare a U sulla destra, ma il suo sguardo fu attratto da un carugio che immetteva nel paese, dove lei sapeva avere un sospeso.

Oltrepassò un segnale di divieto di sosta posto a mezzo della stradina, urtandolo leggermente col retrovisore destro, trovò con facilità un parcheggio per la macchina, si imbacuccò quanto necessario e si avviò in Via Lercari alla ricerca di Vico Brea.

Taggia sembrava imponente, appena “usata” da centinaia di persone per consumare quel centenario rito dei furgari, che restituivano alla gente il senso della festa all’esterno, tipico dell’estate, in pieno inverno: sembrava una signora un po’ sbrodolata, col trucco sfatto, ma maestosa, come sempre.

Quei punti in cui ardevano i fuochi con alcuni irriducibili attorno avevano un che di letteralmente medioevale: il tempo poteva essere abolito e quel salto di secoli accadeva in un attimo.

Attraversando Via Lercari, notò che Taggia non aveva subìto negli ultimi anni quel lifting che invece a Vallebona aveva trasformato completamente il paese: lì per lì provò una sensazione di abbandono, di disagio, di fatiscente, ma subito ritovò la vera dimensione in cui era giusto porsi. Erano borghi antichi e tali dovevano rimanere: appena sbucò nella via principale, il ventre di Taggia la inghiottì e si sentiva felice.

Ma quel vicoletto cieco, dove si trovava?

Mentre si stava guardando attorno, sbucò uno dei pochissimi ragazzi di Taggia che conoscesse, il mancino, che con il suo cappello da brigante rafforzò la sua sensazione medioevale. Gli chiese istruzioni e le indicò prontamente la strada per raggiungere la sua meta: è proprio vero che quando le cose devono andare a buon fine non ci sono ostacoli che tengano.

Quei selciati a ciape grandi di pietra le davano un senso di solennità, di forza, di un operato mai più eguagliabile al giorno d’oggi; ripensava anche al fatto che solo a Taggia e a Vallebona ci sono i carugi lastricati con la pietra di Verezzo, con quella particolarità di presentare tre tagli sulla sua facciata e posata a file intercalate da un mattoncino rosso messo di costa: in nessun altro paese le capitò mai di vederle.

C’erano fuochi, persone perfettamente sconosciute che camminavano nella sua direzione e in quella contraria, probabilmente alterate, ma Paula era serena, sapeva che la sua meta era vicina e conosceva le “vie dei persi”, perché erano state anche le sue.

E finalmente una musica assordante le indicò che la cantina dove un tempo si faceva il vino e si confezionava il plumosus era quella di Jaime.

L’aveva intravisto, alla presentazione di un libro, mentre parlava con un comune amico, aveva carpito il nome del suo blog ed aveva iniziato a seguirlo.

Poi venne fuori la storia della discarica e i giornali pubblicarono un suo ritratto, dato che era uno dei principali promotori del comitato di difesa della valle destinata ad accogliere la rumenta.

Insomma, aveva un’idea della sua fisionomia, in un attimo lo individuò seduto su di un banchetu e si presentò dicendogli una frase che egli stesso aveva usato nelle mail di invito agli amici: “Sono sobrio fino alle 23”. Subito non capì, ma fu questione di un attimo e la sua sorpresa, visto anche l’orario, fu massima.

Incontrare realmente un amico virtuale si rivelò una cosa del tutto particolare: sembrava di conoscerlo non da “sempre”, ma da “dentro”. Una bella sensazione.

Lo scopo era quello di vederlo, di donargli una copia dell’unico libro che aveva scritto, di appurare che quella conoscenza da “dentro” fosse veramente tale.

La gente attorno a lui era la più svariata: capelli rasta, sciarpe kefiar, orecchini e pince, cappelloni, sballati di ogni genere, a cui lui aveva aperto la porta. Non era difficile per Paula capire che la natura con Jaime era stata generosa: bello, intelligente, sensibile, ma soprattutto umano.

“E’stata la più bella sorpresa della serata”, le disse e quello fu il suo regalo.

Si ritrovarono l’uno di fronte all’altra a parlare come se si fossero conosciuti da sempre. Fluivano gli argomenti, la voglia di dirsi tanto, tutto, quasi per consolidare in quell’unica mezz’ora la consapevolezza che le loro menti si erano incontrate e capite.

Nel suo nomadismo senza tempo, Paula abbatteva facilmente la sua reale età e trovare una persona così la riportava di colpo nella vita. Si affezionava subito, di quell’amore in senso lato, che nulla chiede se non la sola scoperta che tali esseri esistono. Era come aver conquistato una montagna; d’ora in poi Jaime avrebbe fatto parte delle sue conoscenze come qualcosa di prezioso a cui dedicare pensieri e consapevolezze condivise, ma soprattutto sarebbe stato “acquisito” a tutti gli effetti in quel mondo di anime belle che da una vita collezionava.

E lì, per sempre, sarebbe rimasto.


Pia - 16/02/2009


venerdì 12 febbraio 2010

Grazie Sole!

Vallebona, per i blogger "goodvalley", all'ora del caffè

Durante la notte il cielo si è completamente rasserenato e la paura, come al solito, è aumentata. Infatti sono favorite le gelate, perchè il termometro impenna verso il basso, ma per fortuna si è limitato tra i meno 2 e i meno 4, contenendo i danni, almeno per quanto riguarda le piante.

Le mie ginestre e il pergolato del ruscus, stamane...

Mi avevano detto che dalle parti della mia campagna c'era meno neve, visto che è l'appezzamento più a sud del territorio del comune di Vallebona, ma quando stamane ho visto lo stato delle cose mi sono resa conto che non era proprio così...

La campagna sul tardo pomeriggio

Questa foto è la stessa che ho pubblicato ieri: riceve il sole del pomeriggio ed è l'ultima che beneficia dello sciogliemento della neve: questo fa comprendere che il resto del territorio è a buon punto.
Le previsioni non sono allettanti, ma a sentire Mercalli bisogna sempre distinguere tra "nevicate" e "freddo": le une non includono necessariamente l'altro. Nel nostro caso, infatti, il freddo è il più temibile, con rischi di due tipi: la perdita del raccolto e la perdita delle piante, a seconda dell'intensità.
Per il momento non disperiamo. Ci vorrà un pò di tempo per capire come stanno realmente le cose.
In ogni caso continuiamo a scongiurare il peggio.

giovedì 11 febbraio 2010

Floricoltura sotto la neve

Fasce coltivate a ginestra e mimosa - 11 febbraio 2010 - ore 13.45

Sta nevicando. Lo spettacolo ha del bello, ma l'ansia di chi sa cosa comporta una nevicata e il conseguente calo della temperatura, non se lo può di certo godere.

Piante di mimosa da raccogliersi per l'8 marzo

Basta poca neve per piegare tutti i rami e dare alle piante quella caratteristica forma "a ombrello" che può comportare lo spezzarsi degli stessi e, in ogni caso, un notevole patimento dei fiori, se non la distruzione totale.

Ginestre

Anche per le piante di ginestra vale lo stesso discorso: conoscerne tutte le caratteristiche e vederle in quelle condizioni fa davvero male al cuore, soprattutto per chi ha un debole per loro, come me...

Vallebona

Il paese assume subito sembianze insolite: abituati, sia col sole sia con la pioggia, a vederlo sempre sotto una nitida luce, ci si rende conto che in poco tempo diventa qualcosa di surreale, quasi uno sconosciuto.

Ogni cosa sotto il manto, anche l'automobile...

Per alcuni giorni anche l'auto subirà l'evento: le strade hanno forti pendenze, le catene non sappiamo neanche cosa siano e muoversi è precluso.
La preoccupazione più grave, però rimane rivolta alle coltivazioni. La neve scende ogni tanto, non è detto che ogni volta ci metta completamente in ginocchio, ma l'ansia di "questa volta" è che ... sono passati 25 anni esatti dall'ultimo gelo storico e la cadenza è esattamente quella: 1929, 1956, 1985. Ecco la grande paura sta tutta lì, perchè i geli storici hanno comportato la morte stessa delle piante e la necessità di ricominciare completamente da capo. Con la crisi in atto nella floricoltura, questa volta ci sarebbe davvero da temere la sua scomparsa. Speriamo di no, intanto non resta che aspettare e vedere cosa succede.
Sono le 14.30 e sta nevicando di brutto.

AGGIORNAMENTO ALLE 16.30

Le fasce

Le ginestre

Vallebona

L'auto


sabato 6 febbraio 2010

Mentre si scrive

Francesco Biamonti (1928 - 2001)

"Mentre si scrive non si pensa a nessuno in particolare, si scrive al buio, possibilmente sottovoce, a voce sempre più bassa, per quella che una volta era considerata l'anima degli uomini. Poi ci si accorge che nelle difficoltà delle rese stilistiche, nei dubbi e negli smarrimenti, a cui lo stile inevitabilmente approda, si cerca qualcuno, di cui si vorrebbe un assenso, un battito di ciglia, un cenno. Nel mio caso, è Calvino, nella sua limpidezza, nella sua capacità di essere semplice e cristallino. E' dunque un morto a raccogliere la sparsa attenzione dei vivi.
Ma a volte penso a lettori che conoscano "l'age du fondamental", che abbiano conosciuto le delusioni e il crollo delle ideologie (la loro età non importa), che si regolino sul battito del sole, del cielo, del mare, sull'amore, sulla morte, su ciò che la vita ha di più primordiale, che abbiano conosciuto quel tanto che il vento porta via con la cenere degli astri.
Si scrive dal fondo di una prigione ideale, a cui si affacciano rari volti amici. Scrivere non è un colloquio, ma un soliloquio. Le ultime pagine di un testo di fantasia si scrivono quasi in ginocchio."

martedì 2 febbraio 2010

Come tutto scompare

Come tutto scompare veloce
quando viene sera, e il sole se ne va
oltre le colonne d'Ercole
a fare capriole sull'Atlantico.
Il Mar Ligure si appiattisce in una lastra
che non lo diresti nemmeno più un mare
e una muraglia nebbiosa di rosa
sporco si disfa come la scia luminosa
dell'aereo, unica traccia rettilinea in cielo
che sembra averlo bucato per andarsene
più in là.

Come tutto scompare, come breve
è il giorno per chi ne ama l'essenza
come breve la notte che si preannunzia
nitida di luna a gobba crescente
come tutto ritorna e ritorna
al niente.
Come è corto Febbraio
come è corta la vita
per chi ne ama l'essenza
incessabile, infinita.

Giuseppe Conte (Imperia 1945)

lunedì 1 febbraio 2010

Andarsene

Vasco, Ezio e Ernesto Seimandi

C'eravamo in tanti, oggi, a Isolabona, a porgere l'ultimo saluto all'amico Ezio che ieri mattina ci ha improvvisamente lasciati.
Si sentiva solo il silenzio e un dolore di pietra nel petto.
Quando se ne vanno pezzi della propria vita, amici cari, coetanei, persone presenti alla famiglia, alla vita sociale, allo sport, agli amici, ecco, allora "andarsene" diventa inspiegabile, inaccettabile, una violenza, una bruttura della vita.
I suoi gemelli, appena dodicenni, più di ogni altro, rivangheranno dei "perché" senza risposte: quelle che anche noi non siamo in grado di darci.
E pensare che sono due giorni che c'è una luce nell'aria che sa quasi di perfezione del creato...