venerdì 30 dicembre 2011

L'anno bisestile

L'anno bisestile (366 giorni) serve a recuperare le 6 ore circa di cui l'anno civile differisce da quello solare. Fu introdotto per la prima volta dalla riforma giuliana, venne chiamato così perchè i Romani, non volendo per superstizione modificare il mese, pensarono di fare l'aggiunta, anzichè alla fine dell'anno, dopo il sesto giorno antecedente le calende di marzo (23 febbraio) che in tal modo veniva ripetuto due volte, quindi " bis sextus ".  
Pare proprio che non sia possibile rintracciare un autore preciso del motto anno bisesto, anno funesto, e che questa sia una credenza popolare esclusiva delle culture di base romana. 
Secondo alcuni, la malafama del bisesto deriverebbe dal fatto che febbraio era dagli antichi romani vissuto come un mese molto poco allegro: era il mensis feralis, il mese dei morti, quasi completamente dedicato a riti per i defunti e a cerimonie di costrizione e purificazione poiché, secondo il calendario arcaico attribuito a Romolo, si trattava dell’ultimo mese prima del nuovo anno, che nasceva a marzo. A fine febbraio si tenevano le Feralia, celebrazioni solenni in onore dei dipartiti; poi c’erano le Terminalia, dedicate a Termine dio dei Confini, e infine le Equirie, gare di corsa nel Campo di Marte attraverso 12 porte (come il numero dei segni zodiacali) per 7 giri (come il numero degli antichi pianeti). 
Queste gare erano il simbolo della conclusione di un ciclo cosmico, quindi simbolo di morte e di fine; e per tutte le culture il passaggio dal Vecchio (conosciuto) al Nuovo (sconosciuto) è sempre cosa inquietante. 
Uno dei pochi uomini di cultura che mise nero su bianco la sua opinione sugli anni bisestili, fomentando l’inquietudine e la paura, fu nel XV sec. il medico Michele Savonarola, tipetto lugubre e geremiante, degno nonno di Gerolamo. Egli affermò che i bisesti erano nefasti per greggi e vegetazioni; che portavano impennate di epidemie malariche e che erano controindicati per tutto ciò che riguardava l’acqua: quindi niente bagni e cure termali, ma soprattutto attenzione a funestanti diluvi e alluvioni. E altri allegroni, nel tempo fecero notare come i bisesti fossero anche forieri di fenomeni sismici, tirando in ballo la coincidenza dei terremoti di Messina, Belice, Friuli, Armenia, avvenuti tutti in anni bisestili. 
In realtà, l’anno bisestile è considerato funesto solo perché sin dai primordi della civiltà, tutte le cose anomale rispetto alla norma (come le eclissi, le comete, le piogge colorate ecc), venivano considerate di cattivo auspicio; un anno diverso dagli altri era strano, “mostruoso“, e perciò - scatenando le paure irrazionali ed ataviche dette superstizioni - giudicato sicuramente foriero di avvenimenti imprevisti e particolari. Ma oggi sono cose superate. Vero?

giovedì 29 dicembre 2011

Quanto più puoi

Onde di Roberto De Nicola

Farla non puoi, la vita,
come vorresti? Almeno questo tenta
quanto più puoi: non la svilire troppo
nell'assiduo contatto con la gente,
nell'assiduo gestire e nelle ciance.

Non la svilire a furia di recarla
così sovente in giro, e con l'esporla
alla dissennatezza quotidiana
di commerci e rapporti,
sin che divenga una straniera uggiosa.

Costantino Kavafis (1863 - 1933)


lunedì 26 dicembre 2011

I più originali


Degli alberi di Natale che ho avuto modo di vedere in questa tornata 2011, considero questi due che pubblico i più originali. Entrambi sono stati proposti su facebook da Pietro Pellescura, autore del blog Antologia di un paese degradato sul quale pubblica le sue satiriche vignette.


Pietro è un personaggio geniale, uno dei migliori amici che ho su facebook, laddove propone frasi o fotografie che colpiscono sempre, inducono alla riflessione e non sono mai banali. La sua ironia o quella di altri, che puntualmente cita, è sottile, pungente, sarcastica. Insomma, Pietro Pellescura è un quotidiano compagno di viaggio che riesce sempre a sorprendere.
Qualche esempio? Eccolo:

“Non è che io sia pigro, sono i tempi che corrono" - (Simple)

"Siamo venuti al mondo per fare felice qualcuno. 
Il problema é trovare chi"

"Non capisco. C'è un sacco di gente che cerca e dice di aver trovato la pace interiore, la serenità, la gioia di vivere, l' equilibrio. Gente che segue i grandi maestri di vita e che legge i libri di Osho, che fa cose tipo tai-chi o altre pratiche orientali di meditazione. Ma nei rapporti con gli altri continuano 
a rimanere dei grandissimi stronzi"


domenica 25 dicembre 2011

Effetto-calendario "A Cria"

Luciana, Adriana e Sofia de Luré Bafòn
anni Sessanta

Quando il Calendario "A Cria" raggiunge le case dei Valebunenchi, alcuni dichiarano di guardarselo in santa pace, con gli occhiali giusti, sul tavolo sgombero per poterlo sfogliare senza ostacoli, altri preferiscono scorrerlo durante il pomeriggio del giorno di Natale insieme ai familiari.

Luciana, Adriana e Sofia de Luré Bafòn
anni Novanta

Ogni persona che ha dato all'associazione alcune foto nella busta riciclata dell'enel o di altri gestori (la maggior parte della posta oramai sono solo bollette da pagare!) si chiede quali e quante saranno quelle usate, dato che lasciano discrezione di scelta agli incaricati. 

 Adriana, Luciana e Sofia de Luré Bafòn
oggi, mentre guardano il calendario

Eh sì, ci voleva proprio una testimonianza così per rendere l'idea: l'amico Corrado Camillo fotografa la mamma e le zie mentre con rito di assoluta partecipazione, dopo il pranzo natalizio, si gustano il calendario 2012, in cui sono state pubblicate le loro due foto sopra esposte.

...mi sembra di sentire i loro commenti...


venerdì 23 dicembre 2011

Auguri

Clicca sopra l'immagine e ingrandisci

Buone feste amici del blog!

Ringrazio Carla Belotti per avermi fornito l'immagine.



mercoledì 21 dicembre 2011

Frai e sò... e figli ùnici

Copertina del calendario A Cria 2012:
i gemellini Nicolò, Linda e Federico Ghiara

Ce l'abbiamo fatta anche quest'anno, il quattordicesimo consecutivo! 
L'Associazione culturale A Cria di Vallebona ha fatto un bel pieno di fotografie, grazie alla partecipazione delle persone del paese che hanno risposto con interesse al tema proposto: Frai e sò... e figli ùnici, ovvero Fratelli e sorelle e figli unici. 
La presidente Daniela Lanteri ed io ci siamo divertite e commosse parecchio nel vedere e nello scegliere le foto, soprattutto osservando le braccia che stringono il proprio fratello o la propria sorella. E ci siamo sbizzarrite ad affrontare, nell'introduzione, questo tema così pieno di spunti di riflessioni.
Scorrerà nel post una foto per ogni mese, col relativo titolo che abbiamo dato ad ogni pagina. Per ogni mese, in realtà, ci sono da sei a dodici foto: immaginate l'emozione per la gente del paese...

Zenà: Tanti frai...
Germano, Corrado e Sergio Camillo

Frevà: ...e tante sò
Elena, Valentina e Luciana de Custansì

Marsu: Dui frai...
Lucio e Andrea de Eraldo
foto pervenutami dal Messico...

Avrì: ...e due sò
Fiorella e Stefania Guglielmi

Magiu: Frai e sò (1)
Rina e Tullio de Rosa d'Ampé

 
Zùgnu: In catru o sinche
Tina, Emanuela, Roberta e Piero Guglielmi

Lùgliu: Frai e sò (2)
Sara e Gabriele Guglielmi

Avustu: In trei
Rosalba, Graziella e Dino de Pietrìn

Setembre: Sò cume mairi
Mariella e Pia Viale

Utubre: I gemelli
Tania, Desi e Monia Medda

Nuvembre: Frai e sò (3)
Emilio e Alba Vichi

Deixembre: Cùxin primi cume frai e sò
Giorgia e Nicolò Guglielmi

Ultima pagina: 
Ermanno e Enzo Taggiasco, 
i frai "storici" da valata

Abbiamo dedicato l'ultima pagina, che comprende i saluti e i ringraziamenti, ai fratelli Taggiasco di Sasso, perché secondo noi sono un esempio straordinario di convivenza tra fratelli. Nella loro vita hanno condiviso tutto: lavoro, divertimento, abitazione, gioie e dolori, nonostante abbiano entrambi famiglia. Esemplari.
La domenica prima di natale esce sempre il calendario: per i Valebunenchi è un appuntamento, un'attesa sentita.
E per noi de A Cria una soddisfazione!


domenica 18 dicembre 2011

La Bohème


Scenografia del I e IV atto de La Bohème 
in corso a Genova al Carlo Felice

Se Genova "offre", l'Associazione culturale A Cria di Vallebona risponde.
Mostre di pittura di alta qualità oppure opere liriche di grande fama non si possono di certo disdegnare e così, a distanza di un anno da La Traviata, oggi ci siamo concessi La Bohème di Giacomo Puccini.
La cosa più sorprendente è stata senz'altro la scenografia del genovese Francesco Musante, così come di un altro  genovese, Maestro Marco Guidarini, ne è la direzione. 
Inaspettatamente colorata, quasi favolistica, l'opera scorre nella dolce armonia pucciniana, accompagnata dalla presenza di bambini che simboleggiano, per ogni personaggio, il pascoliano fanciullino che vive in ogni essere umano: guizzano, saltano, scappano, giocano fino a quando la tragedia prende il sopravvento e la realtà nuda e cruda nega loro la possibilità di esistere e quindi spariscono proprio dalla scena.
Una rappresentazione originale, che "alleggerisce" le atmosfere cupe e sofferte dei bohèmiens dell'epoca e solleva anche noi, che di pesantezze al presente ne dobbiamo reggere non poche.
Profani ed esperti si mescolano sul pullman che organizza A Cria e si rendono partecipi di questo "rapimento" che ogni volta l'opera regala, concedendosi quelle emozioni che ricollegano con le parti più recondite di se stessi, all'archetipo, all'immagine primordiale contenuta nell'inconscio collettivo.
Più semplicemente all'esserci.



venerdì 16 dicembre 2011

Tempesta

Bordighera, Capo Ampelio
Foto di Roberto De Nicola

Un'orrenda tempesta
annientò l'aria
poche e livide le nubi:
un'ombra come il manto
d'uno spettro
nascose terra e cielo.
Delle forme ghignavano sui tetti
e sibilavano nell'aria
scuotendo i pugni,
agitando chiome frenetiche.
Schiarì il mattino, che svegliò gli uccelli
e fu la pace come il Paradiso.

Emily Dickinson (1830 - 1886)


mercoledì 14 dicembre 2011

La gelosia


Jealousy and Flirtation, di Haynes King (1831-1904)
Donna gelosa delle attenzioni date da un uomo ad un'altra donna.

Chissà perché proprio lo stesso giorno, chissà perché con lo stesso movente.
Oggi è esattamente l'anniversario dell'omicidio occorso alla mia ex compagna di scuola, di cui ne parlai qui lo scorso anno. Oggi, a Vallecrosia, un uomo, per giunta carabiniere, spara all'amico d'infanzia di cui sospetta una relazione con la moglie dalla quale si sta separando. Il tutto davanti alla scuola dove la vittima sta aspettando la figlia.
Presumibilmente l'arrivo imminente delle festività "sposta ed amplifica" il nostro ordinario modo di essere, rendendoci più vulnerabili.
Considerato dalla psicologia buddista uno dei 5 peggiori veleni da cui può essere afflitto l'animo umano, la gelosia è una terribile commistione di rabbia, ansia, incertezza, risentimento, paura di perdere la persona amata che esplode nella mente annientando la ragione.
E' una potentissima forza del male, rivolta sia alla persona che si ha paura di perdere, sia al rivale. Ed in effetti la vittima può essere sia l'una, sia l'altra.
Come per ogni male esiste un antidoto. Il buddismo indica la generosità, ovvero quella qualità che tacita il proprio ego ed auspica che la persona amata sia felice, anche scegliendo persone diverse da noi: ciò che conta è che se la amiamo, dobbiamo volere solo ed esclusivamente il suo bene.
Il Buddha disse: "Io posso darvi i mezzi per la liberazione ma non posso liberarvi. Posso darvi gli strumenti per raggiungere la meta".
E' logico, ma siamo molto lontani.


martedì 13 dicembre 2011

I Fisiocratici


La fisiocrazia è una Dottrina economica che si affermò in Francia verso la metà del XVIII secolo principalmente nel triennio 1756 - 1758, in chiara opposizione al mercantilismo e con lo scopo di risollevare le sorti delle scarse finanze francesi.
La dottrina fisiocratica si basava sulle opere del medico ed economista François Quesnay che scrisse nell'Encyclopédie le due voci "Fittavolo" e "Grani"; il suo Tableau économique (1758) costituì la base della dottrina. Secondo il pensiero di Quesnay l'agricoltura è la vera base di ogni altra attività economica: solo l'agricoltura è infatti in grado di produrre beni, mentre l'industria si limita a trasformare e il commercio a distribuire. La fisiocrazia assume quindi il momento della produzione dei beni e non il momento dello scambio come situazione in cui viene creata ricchezza. Tutto il ciclo economico della fisiocrazia ha come fine ultimo quello di creare un surplus (o prodotto netto), che poi verrà investito nuovamente nell'agricoltura (per aumentare la produttività di un terreno, avere a disposizione più manodopera, compiere ricerche nel campo delle macchine agricole), attraverso una condizione di libero mercato.
Le classi sociali vanno anch'esse viste in rapporto alla funzione che svolgono all'interno del ciclo produttivo: chi investe il capitale iniziale e vive del prodotto netto fa parte della classe proprietaria o oziosa; i contadini, la classe che coltiva la terra e crea attivamente ricchezza, costituiscono la classe produttiva; chi trasforma i beni in prodotti finiti o si limita a consumarli fa parte infine della classe sterile.
La fisiocrazia ebbe una notevole influenza durante gli anni settanta del Settecento e quest'idea di libero mercato ispirò Adam Smith. Tuttavia, la visione fisiocratica dell'agricoltura venne rifiutata proprio da Smith e da David Ricardo: la teoria del valore basato sul lavoro, contrapposta a quella fisiocratica, ha appunto origine dalle opere di questi due economisti.
I fisiocratici furono i primi a teorizzare la nascita di un buon governo basato sul dispotismo. I pensatori classici che si erano susseguiti fino ad allora, avevano sempre inserito, nella classificazione delle forme di governo, il dispotismo tra quelle corrotte. I seguaci di Quesnay, tuttavia ritennero che la migliore tipologia di governo era quella basata sull'essenza naturale dell'uomo. Un unico individuo, illuminato, che avrebbe guidato i suoi sudditi verso il bene. Il dispotismo diventa in questo caso un "dispotismo illuminato".

A parte l'ultimo capoverso, li adoravo.


Fonte: Wikipedia, alla voce Fisiocrazia


lunedì 12 dicembre 2011

Evviva la burocrazia!


Un articolo datato 1919:

"Francamente l'idea di rivolgerci al Ministero così detto competente per sapere se vi erano materiali teleferici disponibili per gli agricoltori federati che li avevano richiesti, non fu felice. Dopo un mese e mezzo di attiva corrispondenza con innumerevoli uffici, comitati, sottocomitati, commissioni, sottocommissioni esistenti in tutte le province d'Italia, ebbi il conforto di sapere - rivolgendomi però al Comitato Supremo - che i materiali teleferici si cedevano soltanto agli stabilimenti del genere!
Vorrei elencare tutti gli uffici che presieduti da maggiori, da tenenti colonnelli, da colonnelli, si occuparono della pratica, limitandosi soltanto ad indicare altri uffici competenti; ma forse non basterebbe l'intero giornale; tanto più che da nuovi uffici si continua a scrivermi! Segno evidente che la pratica viaggia ancora! Ed è in viaggio dal primo di Maggio!!
Una delle ultime lettere ricevute porta nientemeno che la firma del generale Pirro, presidente del Comitato Interministeriale delle Industrie di Guerra, in Este. L'ottimo generale, riferendosi - bontà sua - ad una mia lettera del 14 maggio pervenutagli chissà da quale altro ufficio, mi avverte in luglio che la pratica è stata trasmessa al competente Consorzio nazionale per la realizzazione delle teleferiche, testé costituito in Roma presso il Comitato Interministeriale per la sistemazione delle Industrie di Guerra.
Evidentemente l'ufficio, cui l'Eccellentissimo maggior generale Pirro presiede, ignora quanto riguarda al materiale teleferico dispose la superiore autorità e probabilmente lo ignorano gli altri uffici; ma è doloroso constatare tale allegro ed incredibile acrobatismo della burocrazia militare.
Quanto si deve lamentare per i materiali teleferici va ripetuto per tutte le altre pratiche delle quali si interessa la Federazione.
Gli uffici militari intanto continuano ad esistere ed una coorte di ufficiali superiori vi sonnecchia dentro pappando lauti stipendi, decisa a non andarsene a nessun costo, mentre le folle esasperate si sfogano con le patate e le cipolle!"

Raffelin

...come per dire che la casta non è una novità.

Da Terra Ligure, periodico mensile della Federazione agraria della Liguria Occidentale, Anno I, n. 2, 30 luglio 1919


domenica 11 dicembre 2011

Intemelion n. 17

Copertina del n. 17 di Intemelion

Nello splendido Oratorio dei Neri di Ventimiglia Alta, ieri pomeriggio c'è stata la presentazione dell'ultima edizione di Intemelion, il Quaderno che raccoglie studi, saggi e ricerche storiche del comprensorio intemelio.
Intemelion è una cosa bella. Con questa edizione, come ricordava il prof. Giuseppe Palmero nella sua introduzione, i numeri della rivista totalizzano quasi 3.000 pagine di storia locale, della cui qualità non v'è dubbio alcuno, dato che Intemelion trova poi dimora in importanti università e biblioteche nazionali e internazionali.

I professori Fulvio Cervini e Giuseppe Palmero

Figura immancabile alle presentazioni di Intemelion è il prof. Fulvio Cervini, docente di Storia dell'arte medioevale all'Università di Firenze. E' un piacere ascoltarlo: non si perde una virgola di quel che dice, essendo la sua esposizione così "tonda" da non poter uscire dal cerchio... Suo compito è dunque quello di esporre i contenuti dei vari autori, affatto collegati tra di loro per argomenti, ma che il professore unisce con molta naturalezza.

L'Oratorio dei Neri

La presentazione è avvenuta nell'Oratorio dei Neri di Ventimiglia Alta, luogo di cui non ne conoscevo l'esistenza, ed averlo visto per la prima volta appena completato il restauro è stata una piacevolissima scoperta. Il merito di questo intervento è di Don Luca, giovane parroco che prima di approdare in cattedrale a Ventimiglia svolgeva il suo servizio a Borghetto San Nicolò, il paese che precede il mio; già conoscevo Don Luca e le sue qualità , ma questo risultato ha ulteriormente avvalorato la mia stima nei suoi confronti.

Adriano Meggetto al flauto tedesco

A sorpresa, il maestro Adriano Meggetto ha suonato un pezzo al flauto tedesco, completando il quadro di una manifestazione che, nel suo insieme, non si è fatta mancare nulla in quanto a prestigio.


Un affresco della volta dell'Oratorio dei Neri

Non era certo ieri l'occasione giusta per osservare ed approfondire le opere presenti nell'Oratorio che, tra l'altro, erano davvero parecchie. Più scuri gli affreschi alle pareti laterali, decisamente più luminosi quelli della volta: vale la pena mettere in programma una visita all'Oratorio in tutta calma per scoprire questi piccoli tesori locali.

Porta dell'Oratorio dei Neri: lato interno

C'era un pubblico assai numeroso alla presentazione, che ha molto rinfrancato le due anime di Intemelion, ovvero Fausto Amalberti e il Prof. Giuseppe Palmero. Tuttavia a me sono mancati molti visi che d'abitudine incontro a questa presentazione. A parte Paolo Veziano, che sapevo essere a Canale d'Alba, dov'eravate Alberto Cane, Marco Cassini, Filo, Skip, Gian Paolo Lanteri?

Porta dell'Oratorio dei Neri: lato esterno

E' opportuno che visitiate il sito di Intemelion per saperne decisamente di più. Là troverete tutti gli autori e gli argomenti di questo numero e di quelli precedenti e potrete farvi un'idea esatta della portata e del prestigio di questo lavoro. E se incontrerete sulla vostra strada qualche iniziativa volta al sostegno e alla sopravvivenza di questo disinteressato compendio di studi e ricerche, ebbene: sostenetelo, perché anche Intemelion ha una non facile situazione economica.


giovedì 8 dicembre 2011

Albero solitario


...perché dopo un intenso post su Van Gogh è difficile trovare un argomento.
Mi sento come questo albero solitario nello spazio aperto e vuoto, onde respirare ed aspettare che la stagione dia un segno di normalità. C'è luce, tepore, calma come nelle giornate che stiamo vivendo, durante le quali proprio non ci vien da pensare che tra due settimane è Natale.
D'altronde lo stupore è un qualcosa che ci sospende e ci solleva dall'abitudine e dalla noia.


lunedì 5 dicembre 2011

Vincent


Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?
Paul Gauguin, 1897-98

Lo scorso anno Mediterraneo. Da Courbet a Monet a Matisse, quest'anno Van Gogh e il viaggio di Gauguin. La piccola associazione culturale A Cria di Vallebona, per la seconda volta, è riuscita ad organizzare un pullman e ad andare a Genova per cogliere questa grande opportunità. Simbolo della mostra il grande quadro di Gauguin sul senso della vita, situato a metà percorso dopo una serie di opere di artisti europei e americani che tracciavano il viaggio di un epoca ricca di espressione pittorica.
Se ne può leggere in ogni dove di questa mostra, per cui qui mi limiterò alle mie impressioni.


Campo di grano con allodola - V. Van Gogh, 1887

Senza nulla togliere a ciò che avevo già molto apprezzato prima, soprattutto vedendo Turner, Hopper, Rotchko, la connessione vera e propria con la mostra è iniziata con questo primo quadro di Van Gogh. Non c'è fotografia al mondo che possa rendere ciò che un quadro trasmette in realtà, così come c'è una bella differenza tra una persona in carne ed ossa e la sua immagine.
E' arrivato diretto a quel nucleo più centrale di me stessa, vivo, forte, fresco e luminoso. Grande.


Il seminatore - V. Van Gogh, 1888

C'erano molti scritti da leggere, a mio avviso davvero troppi e troppo lunghi: ne ho letto alcuni, soprattutto le lettere col fratello Theo, e poi sono andata a ruota libera, come faccio d'altronde sempre quando vado alle mostre. Mi bastavano quei colori, quelle pennellate per sentirmi viva e immersa nella bellezza, nell'esserci...


Il giardino dell'ospedale di Saint-Rémy
V. Van Gogh, 1889

Questo è il quadro che ho apprezzato di più. Amo il verde (al contrario di Mondrian) e qui c'era tutto quello che potevo desiderare: la bellezza quale pegno di una grandissima sofferenza; un'umanità tale, dentro l'essere di Van Gogh, da sentire l'impellenza di lasciare ai posteri qualcosa di sublime, a qualsiasi prezzo. Tant'è che anche una clinica psichiatrica ed il suo giardino diventano opera d'arte.


Conor parco con un prato in fiore
V. Van Gogh

Al contrario di altre persone che si aspettavano di vedere quadri famosi di Van Gogh, io ho apprezzato molto il fatto che, tranne alcune, fossero opere che non avevo mai visto. Mi hanno travolto e coinvolto ancora di più, regalandomi una sorta di esplosione emotiva che mi ci voleva proprio, dopo le tante tribolazioni di questi ultimi mesi.


Ulivi - V. Van Gogh

In fin dei conti erano poi parecchie le opere di Van Gogh: a lui è titolata la mostra, è lui che fa la parte del leone. Non oso dire con parole mie ciò che critici e competenti d'arte hanno già infinite volte detto di questo grande artista; per questo ho solo voluto riferire del beneficio che il mio essere ne ha ricevuto e, semmai, sollecitarvi ad andare a visitare la mostra.


Autoritratto al cavalletto - V. Van Gogh, 1888

Un'anima tormentata, dilaniata dalla sofferenza e al contempo depositaria di tanta bellezza, energia, calore, luce, levità, forza, respiro, solarità. Genio e follia. Yin e Yang. Bene e male. La vita.


Genova - Palazzo Ducale

Non resta che ringraziare. L'arte, innanzitutto; poi Marco Goldin e Linea d'ombra che hanno realizzato questa splendida mostra e quella dello scorso anno; Palazzo Ducale e la città di Genova e tutti gli sponsor. E mentre all'andata si diceva che era proprio una bella opportunità poter vedere mostre di pittura così importanti nella vicina Genova, già al ritorno girava la nota dolente della notizia che il prossimo anno... "non si farà nulla e noi perderemo il posto di lavoro".
Con queste parole ci hanno salutato gli operatori della mostra.
E noi speriamo che non sia così.


Oggi goodvalley compie 3 anni!


venerdì 2 dicembre 2011

Dopo la nebbia


Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle.
Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore
del cielo.


Giuseppe Ungaretti
(1888 - 1970)


giovedì 1 dicembre 2011

Giornata mondiale contro l'AIDS


Oggi è la Giornata mondiale contro l'AIDS, indetta ogni anno il 1º dicembre, e dedicata ad accrescere la coscienza della epidemia AIDS dovuta alla diffusione del virus. Dal 1981 l'AIDS ha ucciso oltre 25 milioni di persone, diventando una delle epidemie più distruttive che la storia ricordi.
Per quanto in tempi recenti l'accesso alle terapie e ai farmaci antiretrovirali sia migliorato in molte regioni del mondo, l'epidemia di AIDS ha mietuto circa 3,1 milioni di vittime nel corso del 2005 (le stime si situano tra 2,9 e 3,3 milioni), oltre la metà delle quali (570.000) erano bambini.
L'idea di una Giornata mondiale contro l'AIDS ha avuto origine al Summit mondiale dei ministri della sanità sui programmi per la prevenzione dell'AIDS del 1988 ed è stata in seguito adottata da governi e organizzazioni internazionali.
Dal 1987 al 2004 la Giornata mondiale contro l'AIDS è stata organizzata dall'UNAIDS, ovvero dall'organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa della lotta all'AIDS, la quale, in collaborazione con altre organizzazioni coinvolte, ha scelto di volta in volta un "tema" per la Giornata. Dal 2005 l'UNAIDS ha demandato la responsabilità dell'organizzazione e gestione della Giornata Mondiale alla WAC (The World AIDS Campaign), un'organizzazione indipendente, che ha scelto come tema per l'anno - e fino al 2010 "Stop AIDS: Keep the Promise" (ovvero "Fermare l'AIDS: manteniamo la promessa") tema che non è strettamente legato alla Giornata Mondiale ma che rispecchia l'impegno quotidiano della WAC.

Fonte: Wikipedia, alla voce Giornata mondiale contro l'AIDS

Dedico un pensiero d'amore alle persone care
che se ne sono andate avendo contratto questo virus.


mercoledì 30 novembre 2011

Zucche... di Albenga

Caddy agricolo, ovvero la carriola

Circa un mese fa, chi aveva ben coltivato l'orto durante l'estate se ne poteva tornare a casa con la provvista invernale di zucche. Derivano dalla varietà trombette di Albenga, di cui ne parlai qui, e non sono certo famose come le zucche coltivate nel mantovano, che sono tonde, grosse, arancione intenso e che danno popolarità a diversi piatti, primo tra tutti i tortelli.


Le nostre sono molto più discrete. E particolari. Infatti la loro forma allungata esce assai dalla norma; il loro colore non è molto intenso e i piatti tipici non sono affatto popolari come i tortelli. Nella tradizione, il suo utilizzo per eccellenza era (ed è) quale ingrediente indispensabile per i barbagiùai, un fagottino di pasta fritto il cui ripieno è composto, oltre che dalla zucca, da riso, bietole, aglio, prezzemolo, brussu, uova e maggiorana. Nella foto le zucche "abbracciano" delle splendide mele, che anche loro contribuiscono alla scorta di beni durevoli da consumare durante l'inverno.


Sono belle. Hanno delle forme molto varie. Una volta iniziate vanno consumate assai rapidamente: non si capisce come mai durano così tanto prima di tagliarle e poi marciscono in men che non si dica. La uso molto volentieri per fare il risotto di zucca: i barbagiùai sono un piatto assai elaborato, mentre un risottino è presto fatto...
Devo dar merito per questa carriolata di zucche a mia cugina-madrina Giuliana di Sasso, che riesce sempre ad ottenere dei risultati strepitosi in ogni attività che intraprende e che non sono di certo poche!


martedì 29 novembre 2011

Novembre di Flaubert


"Sentivo freddo e avevo quasi paura. Questa stagione è triste; si direbbe che la vita se ne vada col sole, un brivido serpeggia nel cuore come sulla pelle, i rumori si spengono, gli orizzonti impallidiscono, tutto s’addormenta o muore. Il sole gettava un ultimo addio dietro le colline che già svanivano. Ho assaporato a lungo la mia perduta vita; ho pensato con gioia che la giovinezza era trascorsa; è una gioia, infatti sentire il freddo che ci attanaglia il cuore e poter dire, toccandolo con la mano come un focolare che ancora fumi: non arde più. Ho rievocato lentamente tutte le cose della mia vita, idee, passioni, giorni di slancio, giorni di lutto, palpiti di speranza, spasimi di angoscia. Ho rivisto tutto, come un uomo che visiti le catacombe e guardi, lentamente, dalle due parti, i morti allineati dietro i morti. Se conto gli anni, però, non sono nato da molto tempo, ma i miei ricordi sono così numerosi che mi opprimono, come i vecchi sono oppressi dal peso di tutti i giorni della loro vita; mi sembra, talvolta, di aver vissuto per secoli e che il mio essere racchiuda i relitti di mille esistenze trascorse. Perché? ho amato? ho odiato? ho cercato qualche cosa? Ne dubito ancora; ho vissuto fuori di ogni movimento, di ogni azione, senza affannarmi per la gloria, né per il piacere, né per la scienza o per il denaro. E, del resto, il cuore umano non è forse un’immensa solitudine dove nessuno penetra? le passioni che lo abitano sono come i viaggiatori del Sahara, vi muoiono soffocati e i loro gridi non sono mai uditi oltre i confini".

Da Novembre di Gustave Flaubert (1821 - 1880)


domenica 27 novembre 2011

Racconti d'autore


La serie di libri "Racconti d'autore" in vendita ogni domenica con Il sole 24ore mi colpisce nel segno: mi piacciono tantissimo i racconti e la possibilità di spaziare sui più svariati autori si sta rivelando cosa assai gradita.
Cogliere i significati tramite la poca scrittura contenuta in un racconto alimenta quell'amore per la sintesi e per la rapidità di comprensione di ciò che lo scrittore sottende nella brevità. In un epoca, poi, in cui "non si ha più tempo", esso diventa lo strumento per mantenere una relazione letteraria in giusta misura. E' mia abitudine, ogni tanto, leggere qualche racconto di Anton Cechov, che considero l'autore russo che preferisco. Non saprei descrivere come egli "mi prenda", ma avverto una commistione molto forte.
Magicamente mi sono imbattuta in John Cheever e ho sorbito con trasporto i suoi tre racconti: non lo conoscevo e la scoperta mi ha entusiasmato. Egli ha l’arte di conferire un’alta magnificenza emotiva e spirituale ai lati sinistri della vita, ai particolari, a quelle sfaccettature su cui difficilmente si sofferma la narrativa tradizionale. La narrativa di Cheever è l’epopea dei sobborghi, l’esaltazione della piccola vita di provincia, delle esistenze che non sembrano incidere nella storia di un paese.
Non conoscendolo affatto, ho poi naturalmente cercato informazioni su wikipedia e, tra le prime cose, leggo: "John Cheever è stato chiamato il Cechov della periferia".
Una quadratura del cerchio.