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giovedì 9 ottobre 2014

La mela Carla

Mela Carla

Dal sito www.saperesapori.it:
"In Liguria ci sono diverse mele tradizionali. Quella probabilmente più diffusa è la Mela Carla: si trova in tutto l’entroterra, è gialla con macchie rosse, ha una polpa bianca lievemente acidula. La polpa finissima, brillante alla vista, morbida al senso, e nello stesso tempo croccante, è fragrante, saporita, e sugosa.
La Mela Carla si raccoglie sul finir di Settembre e si serba sino alla primavera, maturando gradatamente. Essa ha il vantaggio, sopra le altre Mele vernine, di esser mangiabile sino dal primo momento che si raccoglie, e di sviluppare consecutivamente, nei diversi gradi della sua maturazione, delle qualità differenti, che le danno un pregio diverso. 
In Ottobre è di un verdastro giallognolo, coperta da un lato di un bel rosso di rosa, a polpa croccante, piena di sugo e di un sapore forte. Essa sviluppa in Novembre una fragranza che assomiglia un poco a quella dell’Ananasso, e la sua polpa prende un sapor più gentile. In seguito il color verdastro si volta in un bel giallo cereo, e si copre sovente di qualche macchia di ruggine pallida: il rosso diviene allora meno vivo, o si perde, e l’odore svanisce o resta appena sensibile: la polpa diventa morbida senza cessare di essere fine, e non perde il suo sapore che al ritorno della primavera".

Tutte queste cose non le sapevo. Grazie all'amico Tino di Soldano, che qualche anno fa si è messo in testa di ricostruire un frutteto per recuperare tutte le vecchie cultivar di frutta (e anch'io ho dato una piccola collaborazione procurandogli degli innesti), oggi ho "ri-mangiato" dopo decenni una mela Carla del suo frutteto... Ahimè, signori, non si tratta di decantare chissà quale assoluto sapore di bontà, ma di "ri-assaporare" il proprio vissuto. Mangiavo e mere Carle a casa dei vicini, dalla nonna Amabile (che così chiamavo pur non essendo nonna di sangue, ma sicuramente nonna di fatto): erano giallo pallido, piccoline, ma avevano quel sapore inconfondibile. La mela Carla che ho mangiato oggi non aveva ancora le proprietà di quelle dell'infanzia, perché sono ancora un po' acerbe, ma la consistenza della polpa e il profumo appena accennato sono un preludio sicuro al ritrovamento di quel gusto. Una sorta di recherche, un ritrovamento del tempo perduto, senza la nonna Amabile, però...


mercoledì 23 novembre 2011

Olive e mani

Donna di Perinaldo
(foto di Renato Gianni Cane)

Le fotografie del passato sono sempre suggestive. E' un passato recente, visto che erano già in uso le reti di plastica, ma erano anche le prime che furono adottate: quelle rigide e di colore bianco. La donna ha il breculùn, cioè una sacca di stoffa legata ai fianchi nella quale riporre le olive raccolte qua e là durante l'abbacchiatura.

Uomo di Perinaldo che stende le olive mondate
(foto di Renato Gianni Cane)

Le mani stendono le olive mondate grazie alla chitarra, che è stato il secondo strumento utilizzato per togliere le foglie dal frutto. Un tempo l'operazione era molto più complessa e consisteva nel lanciare con un piatto le olive in lontananza contro un telo: le foglie, essendo più leggere, si fermavano prima, ma era un metodo faticoso e lungo. Per oltre cinquant'anni si è usato e si sta ancora usando la chitarra, scivolo in legno con corde di ferro su cui far scorrere le olive liberandole dalle foglie, che cadono tra una corda e l'altra. Ultimo ritrovato è la defogliatrice elettrica che, inutile dirlo, una volta provata non si torna più indietro.

Mani di Paolo Veziano
(foto di Alberto Cane)

Le mani sollevano una manciata di raccolto: c'è sempre un fascino nel gesto, ora come allora. Durante la raccolta ho provato a fare dei confronti con il tempo che fu e l'oggi, per capirne le differenze, pregi e difetti. Anche durante lo svolgimento di questo lavoro i ritmi sono stressanti, non c'è più di sicuro la calma di un tempo, la fatica è rimasta, anche se diversa, i risultati, in termini di qualità e pulizia, sono senz'altro migliori al giorno d'oggi.

Mani di mia mamma, Iole Mazzini

Lavoro collettivo, come sempre: dai bambini agli anziani tutti si partecipava alla raccolta delle olive. I giovani, oggigiorno, sono latitanti: studiano, non lavorano più in campagna, sono stati abituati al distacco dalla terra. Ma gli anziani restano: anche se quasi novantenni, non mancano di dare il loro sostanziale contributo, raccogliendo al loro arén (ritmo) le olive cadute a terra ma sane e liberando e lunsurae (mucchi nei teli) dai rametti più grossi.

Mani di mia mamma, Iole Mazzini...

...mani che non tralasciano la solita oliva che rimane attaccata al rametto da scartare, nonostante l'artrite deformante; mani che hanno lavorato una vita con volontà e spirito di dedizione a ciò che quell'attività contadina richiedeva; mani che ancora oggi ci indicano una strada che non siamo più capaci di percorrere nello stesso modo, perché inquinati da mille deviazioni; mani che non hanno mai preteso nulla, ma solamente dato.
Mani che devono vivere con 500 euro al mese di pensione dopo essere state le vere protagoniste della costruzione di questa Italia indegna.


mercoledì 6 luglio 2011

L'orto ligure

L'orto di Franca e Marcello a Crotta

Un florido orto estivo è un'immagine sempre appagante. Vederlo nella proprietà altrui dà l'idea del "tutto facile", ma in realtà è frutto di un lavoro costante e attento, soprattutto per la recinzione iniziale di cui necessita, altrimenti i cinghiali lo distruggerebbero in una sola notte.
L'identità territoriale è determinata sia dal tipo di verdure impiantate, sia dai metodi di coltivazione. E' ligure l'orto che produce, ad esempio, zucchine (sucùi) della varietà "trombette di Albenga", così insolite nelle altre regioni; altro elemento largamente presente è il basilico (baixaricò) utilizzato per fare il pesto e aggiunto nelle insalate miste (cundigliùn) oltrechè nel pane e pomodoro (pan e pumata).


Seminascosta non può mancare la dalia o la zinnia, che ben si adattano all'ambiente e che forniranno i fiori per il cimitero durante la calda estate.
Il pollice verde degli ortolani in questione offre insalata (insaràta) croccante e misticanza, melanzane (merezane), cetrioli (cugùmari), peperoni (peverùi), fagiolini (faixorìn) nani e rampicanti, sedano (sélaru), pomodori (pumàte) cuor di bue, tondo liscio e san marzano, cipolle (sevùle), prezzemolo (prunsému) e ai bordi salvia (sarvia), rosmarino (rumanìn) e maggiorana (persa). Infine non possono mancare alberi da frutta, come peschi e albicocchi e filari di fragole.
Che spettacolo!


Per chi lavora in campagna, solitamente l'orto viene ricavato in una comoda terrazza (fascia) vicino al casolare (casùn) nell'ambito delle coltivazioni floricole, in questo caso in mezzo alle ginestre. Non mancano arieggiate baracche di ondolux, solitamente destinate al soggiorno delle galline, mentre un tempo accoglievano coltivazioni di rose o di strelizie. Beneficiando dei sistemi di nutrizione delle piante floricole, gli orti liguri sono parecchio turgidi (drùi) se confrontati agli orti "cittadini" o a quelli dove il clima è diverso dal nostro.
D'altronde, in mancanza di prosciutti e salami, da sempre ci consoliamo con vigorosi ortaggi, che cuciniamo in moltissimi modi, onorando la cucina mediterranea e una sorta di vegetarianesimo "naturale".


giovedì 24 settembre 2009

La vendemmia del Rossese

Antonella e una pianta tipica di vite ligure

In questi ultimi giorni si è svolta la vendemmia del Rossese, nelle vigne di Danila e Tino, a Soldano, cui partecipo oramai da diversi anni.
E' un momento speciale di lavoro in compagnia, durante il quale tutto scorre e la fatica è alleviata dalla presenza di altre persone con cui chiacchierare, ridere, scherzare.

Uve di vitigno "Rossese"

Il Rossese, di cui a suo tempo ne parlai qui, è il vitigno tipico dell'estremo Ponente Ligure e ben si accompagna ai piatti di questa zona. Grazie alle normative sulla vinificazione e alla migliore selezione delle uve oggi in atto, si ottiene un prodotto decisamente qualitativo.
Nello specifico, l'azienda agricola Pisano Danila produce vino Rossese biologico.

Le donne: Antonella, Rita e Tiziana

Le lavoranti: fedelissime ci si ritrova ogni anno, con quel piacere di condividere i pochi giorni necessari alla vendemmia...

La P.S. ovvero la "pausa sigaretta"

Mitica è la P.S. ovvero la "pausa sigaretta" durante la quale ci si concede una fresca bevuta d'acqua e una sigaretta per i "viziosi"...

Il trasporto con l'Ape e Pia, l'autista,

Come al solito i miei ruoli sconfinano spesso in quelli maschili, per cui, oltre che ad acccompagnarmi alle donne per il taglio dell'uva, quest'anno ho svolto anche quello di trasportatore, utilizzando il "mulo" dei tempi moderni, ovvero l'Ape, mezzo indispensabile e insostituibile per i lavori di campagna in Liguria.

I ragazzi: Claudio, Alioscia e Gianluca

Dopo aver svolto il ruolo di "porteur" nelle fasce ogni qualvolta le donne hanno i recipienti pieni, i ragazzi danno una mano anche in cantina, versando gli stessi nella deraspatrice...

La deraspatrice

L'efficientissima deraspatrice ha sostituito quello che un tempo era il pigiare l'uva con i piedi: il risultato e la rapidità di azione di questa macchina sono sorprendenti, ma la sua freddezza è incomparabile a quei momenti in cui grandi e piccini scendevano a piedi nudi nei tini a schiacciare l'uva...

Il mosto

Et voilà: adesso il grosso dell'operato dell'uomo è stato svolto: ora tocca alla massa di acini schiacciati fare la sua parte, fermentando a dovere per regalarci quanto il dio Bacco amava più di ogni altra cosa!

Tino, il vinificatore

Non poteva di certo mancare all'appello il vinificatore, ovvero Tino, che casualmente ha lo stesso nome del tipico contenitore in cui si fa il vino...

Il pranzo: la torta verde e ... una bottiglia di Rossese, annata 2008

Vale la pena trattarsi bene: e allora, cosa c'è di meglio, tra le altre cose, di una bella torta verde e una bottiglia di Rossese da noi stessi vendemmiato lo scorso anno?
E così, anche per il 2009, il "rito" è stato espletato. Le premesse sono ottime e non rimane che aspettare la nascita del vino nuovo e magari convertire una frase, che mortifica il lavoro di migliaia di persone, in questo modo: GUIDA POCO CHE DEVI BERE!

giovedì 2 luglio 2009

La Fiera dell'Aglio

Il 2 luglio di ogni anno si svolge a Vessalico, piccolo comune dell'entroterra di Albenga, la settecentesca Fiera dell'Aglio. E' un aglio antico, che sopravvive grazie a pochi e cocciuti agricoltori che lo coltivano in minuscoli appezzamenti abbarbicati in montagna, tramandandosi i bulbi da generazioni, così come la tecnica di coltivazione e quella di confezionamento.
Le teste di aglio non sono recise dalla piante, nè mondate dal ciuffo, ma confezionate in lunghe reste (trecce), operazione che si può svolgere solo la sera o la mattina quando le teste d'aglio sono più umide e le foglie non si spezzano.
E reste, e teste, e dòuse (le trecce, le teste, gli spicchi) sono i termini dialettali pertinenti all'aglio.
L'aglio di Vessalico ha un aroma delicato, un sapore intenso e leggermente piccante e, soprattutto, un'estrema conservabilità e digeribilità.
E' un prodotto tutelato dallo Slow Food.
E "tra i pochi e cocciuti nonchè vecchi" agricoltori, ne ho fotografato alcuni:


Ermanno

Marì (1937) e Paolo (1921)

Nella splendida cornice che sempre offre una fiera, ho riassaporato il piacere di tornare, dopo più di 25 anni, a Vessalico, luogo d'incontro tra tantissime persone della provincia di Imperia e di Savona.

Proprio un bel regalo, per il quale ringrazio Gian Paolo e Fiorella, miei compagni di viaggio.


martedì 16 dicembre 2008

Tempo di olive



Questo è il periodo dell'abbacchiatura delle olive per fare l'olio nuovo.
In Liguria e, nello specifico, nella provincia di Imperia, l'olivicoltura è sempre stata un'economia importante, decaduta nel dopoguerra a causa della poca redditività. Ma da un paio di decenni molti uliveti sono stati ripristinati, in parte per autoconsumo, in parte tornando ad essere un'economia.
Nella foto è raffigurato u gumbu (la macina), dismesso e donato dal proprietario al comune di Vallebona a titolo di oggetto antico da esposizione. Nel mio paese, infatti, si producono quasi ed esclusivamente fiori e non ci sono più frantoi attivi, anche se quasi ogni famiglia ha un piccolo appezzamente di ulivi da cui trae l'olio della provvista.
L'olio di oliva "taggiasca", ovvero del cultivar tipico dell'Imperiese, ha la caratteristica di essere un olio delicato, quindi particolarmente adatto per degustare il pesce.
foto Mauro Ferrari