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lunedì 10 ottobre 2011

La castagnata a Buggio

Buggio e il monte Pietravecchia

E' tempo di castagne e di sagre ad esse dedicate. Nell'estremo ponente ligure se ne svolgono diverse, ma la classicissima è quella che si svolge a Buggio, frazione di Pigna, un paesello che si trova al culmine della Val Nervia. Rannicchiato ai piedi del monte Pietravecchia, Buggio è un borgo suggestivo, che conserva il fascino del tempo che fu. Devo ammettere che sono alcuni anni che non partecipo alla castagnata, ma ho ben presente l'atmosfera che vi regna in questa occasione. Ve la propongo grazie alle 4 fotografie che l'amico Sergio Campilli ha pubblicato su facebook e che mi ha consentito di usare: sintetizzano bene gli elementi più importanti.

Le padelle

Il fuoco

Le castagne

Grazie Sergio, come esserci stata.


venerdì 24 dicembre 2010

L'arrivo

Il 24 dicembre, intorno alle ore 14, l'appuntamento con i ragazzi che arrivano da tagliare la legna per U fògu du bambin è immancabile.

Iniziano a suonare i clacson dall'inizio della zona abitata alla periferia del paese, e continuano la loro gazzarra finché non arrivano sulla piazza, dove le scaricheranno per trasbordarle su trattori più piccoli e salirle per i carugi, sino alla zona destinata ad accogliere il fuoco.

Il fuoco arderà per tutto il periodo compreso tra il 24 dicembre e il 6 gennaio, diventando il simbolo di aggregazione per eccellenza durante il periodo invernale.

La legna che i ragazzi provvedono è recuperata in quei boschi nei quali, durante l'estate, ci sono stati incendi e i pini sono stati danneggiati. Anche le piante aggredite da malattie e sofferenti vengono abbattute per eliminare la contaminazione e fare spazio a quelle nuove.

Inutile dire che il rito dell'arrivo non me lo perdo mai: sentire quei clacson che festosamente annunciano il ritorno e che unendo un'ingente energia di forze è stata fatta la provvista della legna per U fògu du bambin, vi posso garantire che è proprio una bella emozione.
Puntualmente mi commuovo e piango...

Buone feste a tutti!


martedì 28 settembre 2010

Mani amiche...


...a Santa Giusta, suonavano in tre,


Elvio al basso,


Angelino alla tromba,


Manuela al sax,


sotto questa topia (pergola) di uva fragola.

Come un Mandala.


lunedì 16 agosto 2010

Ratatouille

La partenza

Ogni estate, quando l'orto generosamente offre di tutto, mi riprometto di fare una ratatouille come si deve. Quest'anno mi ci sono messa d'impegno, anche se mi affido sempre alla mia intuizione e scantono consigli che forse andrebbero rispettati, ma mi complicherebbero la vita.

In corso d'opera...

Ovviamente chiedo consiglio a mia sorella, che negli anni Sessanta, giovanissima, si recava, durante l'estate, all'Isola di Chateau d'If (sì, quella con le prigioni del Conte di Montecristo), a Marsiglia, a fare la stagione di cameriera all'unico ristorante presente sull'isola.

Verso il traguardo...

Puntualmente mi racconta che la ratatouille veniva cucinata quando avanzavano delle patate fritte: allora procedevano friggendo le altre verdure singolarmente e poi alla fine le mettevano tutte assieme aggiungendo del sugo di pomodoro... Naturalmente è lì che trovo la complicazione: friggere distintamente patate, zucchine, peperoni e melanzane implica troppo tempo, così adotto la "mia" ricetta, che consiste nel friggere tutto assieme partendo dalle verdure che necessitano di maggior tempo e aggiungendo le altre strada facendo.

Eccola!

Non me ne vogliano i Francesi, ma il risultato non è da meno della loro: adesso non resta che aspettare alcune amiche di ritorno dal mare e consumare insieme, da buoni frontalieri, un piatto che celebra l'estate, la tradizione italo-francese e la soddisfazione di averla realizzata con ingredienti provenienti dal proprio orto, olio di oliva taggiasca compreso.

giovedì 24 dicembre 2009

U Fògu du Bambìn

Vallebona - Piazza Marconi

Un'inclemente pioggia sta rendendo difficile, ai ragazzi del paese, la raccolta della legna per U Fògu du Bambìn, una tradizione che, a memoria d'uomo, vige a Vallebona nel periodo natalizio.
Il 24 dicembre, infatti, più di trenta ragazzi equipaggiati con camion, trattori, motosega e tanto spitito di gruppo, partono al mattino e per tutto il giorno procurano la legna necessaria affinché il fuoco possa durare ininterrottamente fino al 6 gennaio.

Vallebona- Primi anni Cinquanta

Oggigiorno l'approvvigionamento è facile, ma un tempo tutta la legna era recuperata senza mezzi e la durata del fuoco era necessariamente più breve.
I giovani raccattavano e, perchè no, rubavano qualsiasi tipo di legname pur di alimentare questa tradizione, anche perchè era l'unico momento di aggregazione del periodo invernale per giovani,vecchi e bambini...

Vallebona nel 1969 - 70: il fuoco più grosso della storia

Verso la fine degli anni Sessanta, con l'avvento dell'Ercolino della Moto Guzzi e delle prime motosega, U Fògu du Bambìn ha beneficiato di un'innegabile evoluzione: procurare la legna non era più un problema e il benessere da poco sopraggiunto permetteva di organizzare grigliate e serate di convivialità attorno al fuoco.
Risale proprio a quell'anno l'idea di costruire una Befana di legno, paglia, stracci e petardi da bruciare alla mezzanotte del 6 gennaio, quale epilogo del periodo delle festività.

Il fuoco oggi

Oggigiorno la tradizione continua, diventando sempre più popolare, soprattutto per il rito della Befana al rogo, come ho descritto l'anno scorso qui.
L'Associazione culturale "A Cria" ha dedicato a U Fògu du Bambin la sua XII edizione del Calendario, redatto ogni anno con la collaborazione della popolazione che fornisce gentilmente le fotografie in base al tema prestabilito.
Approfitto dell'argomento per mandarvi il mio più "caloroso" augurio di Buone Feste!

lunedì 23 novembre 2009

Dal frantoio alla tavola...

L'ape è pronta per la partenza: vado al frantoio a frangere le olive. Sono belle, piuttosto grosse e ci si aspetta sempre una buona resa...
Quest'anno ho scelto di andare a Perinaldo, perchè è uno dei pochi frantoi ancora dotato delle macine in pietra per la prima schiacciatura.

U gumbu

Le olive si stanno schiacciando sotto il peso delle grandi ruote: c'è molto rumore, nel frantoio, ma l'atmosfera, l'odore, il processo di frangitura, l'attesa della fuori uscita dell'olio annullano il disagio.

Elvio, il frantoiano

Il passaggio successivo avviene nella gramolatrice: con molta attenzione il mio amico Elvio segue imperturbabile i processi, sapendo abilmente tener dietro a tutti macchinari benchè svolga il lavoro... da solo.

L'olio nuovo

Dopo il passaggio nei separatori, ecco che arriva l'olio nuovo: come da una fontana inizia a sgorgare e l'emozione è sempre forte...

Riempitura dei contenitori per il trasporto

Aiutata da Claudio, mio amico "storico" di Perinaldo, procedo a riempire i contenitori per trasportare l'olio a casa. Ancora non so quanto avranno reso; quando tutto l'olio, fino all'ultima goccia, sarà stato messo nelle taniche, avverrà la pesatura: la previsione era di kg. 2,200 a misura, ma il risultato si è attestato leggermente al di sotto, ovvero kg. 2,150, e corro subito ai ripari cercando le più svariate giustificazioni, per ammortizzare la piccola delusione.

U bagnétu

Ed ecco il momento più bello: dopo aver sistemato l'olio nelle giare e nei più moderni contenitori d'acciaio, arriva il momento di gustarsi il frutto del proprio lavoro: preparo una bella varietà di verdure crude e in una scodella schiaccio con la forchetta alcuni filetti di acciughe salate, cui aggiungo aceto e l'olio nuovo. Un ricco pinzimonio (per dirlo in italiano) in cui intingere le varie cruditè, ma per noi Liguri chiamasi bagnétu ed è il rito che si celebra da sempre nella mia famiglia al ritorno dal frantoio.
Una tradizione che mantengo volentieri!

domenica 20 settembre 2009

U sùcà

U sùcà (pergola di zucche)

Questa foto raffigura un luogo comune della campagna ligure, che tuttavia, oggigiorno, è oramai assai raro vedere. I pozzetti per lavare i panni all'ombra di una pergola di zucchine erano un'immagine pressochè presente in tutti gli appezzamenti, ma visto che è cambiato il modo di vivere la campagna, certi angoli sono scomparsi e, di conseguenza, anche il fascino che racchiudevano.
Mentre i genitori erano dediti ai lavori di ogni tipo nelle fasce (terrazze), i bambini stavano al fresco di queste pergole e soprattutto avevano modo di sguazzare con l'acqua, facendo finta di lavare, oppure impastando la terra con l'acqua per preparare pietanze immaginarie...
Le pergole (in dialetto tòpie) erano ricavate con materiale "riciclato", generalmente tubi da 3/4 di pollice ormai smessi perchè bucherellati e non più adatti per le condotte d'acqua.
Le zucchine, varietà "Trombetta di Albenga", si raccolgono costantemente durante l'estate quando raggiungono, al massimo, la lunghezza di 30-40 cm; sul finire del loro ciclo se ne lasciano ingrossare alcune, per farle diventare zucche (come si può vedere nella foto) e talvolta raggiungono una lunghezza superiore ad un metro. Una volta ingiallite, verranno consumate durante l'inverno e tale varietà è l'unica che solitamente si produce in Liguria per tradizione.
Nei miei ricordi, la zucca tonda raffigurata sui tabelloni scolatici (...zu di zucca..) non trovava riscontro nella realtà; soltanto da qualche anno a questa parte ne sono state impiantate alcune, ma la tradizione della "Trombetta d'Albenga" ha sempre la meglio.
Del loro utilizzo ne ho parlato qui

mercoledì 26 agosto 2009

Ponentini, ve lo ricordate?


La mia amica Sandra, che ha passato due terzi della sua vita in Germania, quando torna al paese natìo ricerca volentieri gusti, profumi e sapori della sua infanzia, quasi a creare un collegamento emotivo che travalichi la variabile "tempo".
E' un piacere invitarla: preparando cibi della tradizione ligure e soprattutto contadina, assapora e descrive i suoi ricordi, rendendo partecipi anche gli altri commensali che, per la forza dell'abitudine, non fanno più caso a certe sottigliezze.
Ieri è arrivata da Ventimiglia con questo dolce: vedere quella confezione, per me, è stato veramente un salto immediato in un lontano passato, quando in casa era l'unico prodotto "industriale" che si consumava.
La cosa che mi ha colpito di più è proprio il formato e il tipo di carta utilizzato, che si differenzia di pochissimo da quello di allora: se non ricordo male era leggermente tendente al violetto, ma la grafica della carta era proprio quella.


Suppongo che la Ditta Trucco abbia puntato molto su acquirenti francesi, vista la scritta che riporta sopra la confezione. Infatti, all'epoca, il dolce altro non era che un panettone a forma di pan carré, mentre al giorno d'oggi l'impasto è arricchito di burro, ingrediente sacrosanto per i palati francesi, dato che i loro "gateaux" ne contengono abbondanti quantità.
Non è questione di nostalgia, ma riscoprire quelle cose che ci sono appartenute fa sempre un certo effetto. Le persone che sono emigrate sono un'importante memoria, sia per la conservazione della lingua, sia per riportare alla luce ricordi, emozioni, momenti di vita che il quotidiano di chi è rimasto ineluttabilmente cancella.
Grazie Sandra, grazie a tutti i figli di ogni terra ogni qualvolta tornate a casa.